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Haiti

Cuba

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Honduras

Nicaragua

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In seguito alla crisi politica del 2004 e alle catastrofi naturali del 2005, la Svizzera ha lanciato un programma umanitario per Haiti. Dal 2013 si è impegnata anche in programmi volti a migliorare in modo duraturo le condizioni di vita della popolazione, a ridurre la povertà e a rafforzare le amministrazioni locali.
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Jean Monclair Casseus è autista di professione e lavora alla DSC dal 2008. Fa parte del team di cinque autisti impiegato presso l’Ambasciata di Svizzera.

Svolgere un incarico di trasporto non significa solo accompagnare le persone da un luogo all’altro e aspettarle per poi riportarle indietro. È molto di più: un autista deve sempre essere attento a tutto ciò che accade intorno a lui per evitare situazioni rischiose. Se la situazione diventa critica, avverte immediatamente i colleghi. «Sicuramente ho una grande responsabilità per quanto riguarda la sicurezza», spiega Jean Monclair Casseus, che è molto soddisfatto dell’attività che svolge ogni giorno. «Il fatto che io lavori qui da 14 anni ne è la prova», afferma. Oltre al lavoro di autista, Jean Monclair Casseus svolge anche altri tipi di incarichi. Ha per esempio lavorato come addetto alla logistica nell’ufficio di un progetto regionale dopo il terremoto del 2010. Per quanto riguarda lo sviluppo del Paese, ritiene che serva più spirito d’iniziativa da parte dei suoi compatrioti: «Tutti gli Haitiani vogliono che le cose migliorino. Servirebbe una presa di coscienza collettiva. Sta a noi far capire alle persone degli altri Paesi che abbiamo bisogno di qualcosa. Se questa richiesta non viene da noi, non cambierà mai nulla», spiega. Jean Monclair Casseus si dice piuttosto deluso dall’atteggiamento dei suoi connazionali: «Aspettano che arrivi qualcuno da fuori, hanno perso la fiducia in loro stessi». Tuttavia, vede di buon occhio le attività di cooperazione. «Stiamo facendo qualcosa di concreto. I progetti vengono realizzati, si vede che la gente è contenta», dice. Constata però che spesso gli interessi individuali sono più importanti di quelli della comunità. Parlando delle sue due figlie, di 15 e 11 anni, auspica che possano finire la scuola, continuare gli studi e trovare un lavoro, il che non è facile ad Haiti. A livello personale, invece, si sente a proprio agio nella sua professione e spera di continuare a esercitarla ancora per molto tempo. Per concludere, aggiunge che vorrebbe una certa reciprocità per quanto concerne i viaggi e che sarebbe felice di visitare la Svizzera!
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Nel corso del 2023 l’Ambasciata di Svizzera ad Haiti è stata trasferita nella Repubblica dominicana. Inoltre, la fine del 2023 sarà segnata dall’abbandono accelerato della cooperazione bilaterale e, di conseguenza, dalla conclusione dei programmi bilaterali. Tuttavia Andrin Fink, capo della Cooperazione internazionale ad Haiti, afferma che la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) manterrà la propria presenza nel Paese con altri strumenti, come un ufficio umanitario della DSC.  

Cosa significa per Lei abbandonare il contesto haitiano in modo responsabile?
Per me, abbandonare la cooperazione bilaterale nel contesto haitiano in modo responsabile significa preservare i risultati raggiunti negli ultimi anni. La cooperazione svizzera gode di un’ottima reputazione, in particolare per le sue attività locali presso la popolazione haitiana. Siamo intervenuti soprattutto nella penisola a sud di Haiti, dove abbiamo collaborato a stretto contatto con gli attori locali in due ambiti distinti, ossia la governance locale e lo sviluppo economico. Questi due pilastri sono importanti per lo sviluppo di Haiti e speriamo che i nostri programmi abbiano creato fondamenta solide che continueranno a esistere dopo la nostra partenza. A mio parere, un abbandono responsabile consiste nel gettare le basi affinché le attività non si interrompano con la fine del nostro impegno ma vadano avanti.

Dopo circa dieci anni di presenza, quale sarà la principale eredità della DSC nel contesto haitiano?

La cooperazione svizzera non ha creato un’eredità a proprio nome, ma a quello della popolazione e delle autorità haitiane che dovrebbero proseguire le sue attività. La DSC si è adoperata a realizzare progetti che dureranno nel tempo, non come un lascito abbandonato, bensì sotto forma di collaborazioni con gli interlocutori haitiani che, in quanto tali, continueranno a esistere anche dopo la nostra partenza. È stato istituito un fondo comunale per individuare e implementare progetti in modo partecipativo a livello locale. Un comune ha costruito una strada che per la prima volta consente l’accesso alle ambulanze, così da salvare vite umane. Ad Haiti la Svizzera ha saputo adattare le proprie attività e il proprio portafoglio, malgrado un contesto difficile caratterizzato da crisi e catastrofi naturali.

Come vede il futuro impegno della DSC nella regione tra dieci anni, nel 2025?
Sono convinto che l’impegno della DSC nella regione sarà lo stesso anche tra dieci anni. La cooperazione continuerà ad adattarsi al contesto, a riprova del fatto che la Svizzera può mantenere il proprio impegno anche in condizioni piuttosto fragili e complesse. Continueremo la nostra missione di aiuto alle popolazioni con strumenti molto mirati e conserveremo anche la nostra capacità di dare risposte adeguate alle esigenze.   Auspico che la Svizzera mantenga il proprio impegno con altri strumenti di cooperazione internazionale. Nel caso di Haiti, in particolare, l’aiuto umanitario dovrebbe continuare a svolgere un ruolo importante, così come i progetti di cooperazione tematici e i partenariati multilaterali.
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SQUAT: queste cinque lettere hanno cambiato per sempre la vita di Islande Jean François Maitre. SQUAT è l’acronimo del programma «Système de Qualification et d’Accès au Travail», che consente a giovani disoccupati di accedere a una formazione professionale di qualità.
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Islande Jean François Maitre ha vissuto a lungo in condizioni precarie. Prima di seguire il programma viveva come madre single nella casa dei genitori. «Il padre di mio figlio se n’è andato», racconta. Non aveva lavoro e non sperava più in un futuro migliore.   Nel 2022 la giovane donna ha completato un tirocinio SQUAT come installatrice di impianti sanitari. Quattro mesi più tardi lavorava già presso la direzione nazionale competente per l’approvvigionamento idrico e lo smaltimento delle acque reflue (DINEPA). «La mia vita ha preso una piega positiva e grazie al mio stipendio ho potuto comprare un pezzo di terra. Adesso sto iniziando a pensare alla costruzione della mia casa».
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Finora 3300 uomini e 2200 donne sono stati formati e hanno ottenuto un diploma nell’ambito del programma SQUAT ad Haiti. 3100 persone sono già state integrate nel mondo del lavoro. SQUAT è un programma finanziato dalla DSC e attuato da Caritas Svizzera e Swisscontact.
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Tre pionieri svizzeri, tra cui Daniel Blanc e Felipe Chollet, giunsero in Bolivia con 90 mucche e 18 tori delle razze Simmental e Bruna svizzera, attrezzi agricoli e sementi. Iniziava così il lavoro della cooperazione svizzera nel Paese.
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Nel 1975 è entrato in vigore un accordo di cooperazione a lungo termine tra la Svizzera e la Bolivia e quest’ultima è diventata un Paese prioritario della cooperazione svizzera allo sviluppo. Di conseguenza, il coordinamento principale di tutte le attività è stato spostato da Lima, in Perù, a La Paz.   Dal 1969 al 1980 il focus tematico ha riguardato progetti nel campo dell’agricoltura e in particolare dell’allevamento, tra cui alcuni sulla meccanizzazione agricola e sulle sementi da foraggio. L’impegno è stato poi ampliato sulla base di una concezione integrata dello sviluppo rurale, con attività supplementari nei settori delle infrastrutture rurali, della sanità, dell’ecologia e della forestazione come pure dell’istruzione. Tutti i progetti sono stati realizzati principalmente da esperte ed esperti tecnici svizzeri. All’epoca le priorità venivano definite soprattutto in base alle esigenze individuate nel Paese e al valore aggiunto percepito del supporto tecnico svizzero.
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In America centrale, la cooperazione svizzera ha destinato circa il 35% dei suoi investimenti totali nello sviluppo del settore agricolo. I fondi hanno promosso e rafforzato le tecnologie legate all’agricoltura, soprattutto in Honduras e Nicaragua. I silos metallici per conservare i cereali raccolti e ridurre le perdite, le tecnologie di aratura e preparazione dei terreni adattate alla trazione animale, e la ricerca di nuove varietà di mais, fagioli, riso e patate per garantire la sicurezza alimentare sono stati al centro di numerosi programmi e progetti che la DSC è riuscita a estendere anche ad altri Paesi dell’America latina. La storia di Don Pedro Oseguera di Guaimaca, in Honduras, dimostra come, una volta apprese, queste tecnologie si rivelino di grande utilità.
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L’importante impegno della DSC nel settore dello sviluppo dei sistemi finanziari e della microfinanza affonda le sue radici negli anni Novanta del secolo scorso. A partire dalla metà di quel decennio la Svizzera si è concentrata anche su temi legati al buongoverno, come la promozione del decentramento, del buongoverno locale, della partecipazione civica e delle riforme del sistema giudiziario. I temi trasversali del genere, del buongoverno, dei diritti umani, della sensibilità ai conflitti e dei cambiamenti climatici sono rimasti rilevanti fino a oggi. L’agricoltura e lo sviluppo rurale erano ancora temi prioritari all’epoca, ma la loro rilevanza, anche in termini di risorse finanziarie, è notevolmente diminuita.
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In seguito a una missione esplorativa nel 1999, la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) ha deciso di lanciare un programma speciale a Cuba e di aprire un ufficio per avviare attività di cooperazione bilaterali nel 2000. La cooperazione bilaterale a Cuba è stata da più parti descritta come piuttosto unica, poiché la situazione sociale sull’isola, a differenza di quella registrata nella maggior parte dei Paesi della regione, non è stata caratterizzata da estrema disuguaglianza socio-economica o povertà. Le persone intervistate hanno definito il programma relativo all’isola «il più politico», nel senso che è stato guidato principalmente da considerazioni diplomatiche anziché da un’acuta necessità di aiuti. Dopo la rivoluzione, la Svizzera ha mantenuto buoni rapporti con il Paese socialista, come dimostra anche il suo ruolo di potenza protettrice degli interessi degli Stati Uniti, che per decenni (1961-2015) non hanno avuto relazioni diplomatiche con Cuba. La cooperazione bilaterale è stata apertamente indicata come un importante strumento strategico per approfondire le relazioni con questo Paese caraibico e diventare un forte partner internazionale durante la prevista e imminente apertura politica ed economica, contribuendo a un processo di cambiamento pacifico.
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Il 12 gennaio 2010 un terremoto di magnitudo 7 ha colpito Haiti lasciando alle sue spalle più di 200’000 morti e 1,5 milioni di sfollati. All’epoca, la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) ha condotto la più imponente operazione umanitaria d’emergenza della sua storia. Ha inviato 170 tonnellate di materiale per soccorrere le vittime del terremoto. Una squadra di 150 esperti del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA) si è recata rapidamente nelle zone devastate. Nel corso dei primi mesi successivi alla catastrofe, i medici svizzeri del CSA hanno curato oltre 800 pazienti, eseguito 620 interventi chirurgici e assistito a un centinaio di parti. Le specialiste e gli specialisti del CSA hanno distribuito kit di sopravvivenza e materiale per la costruzione di rifugi provvisori. Hanno inoltre installato una cinquantina di pozzi che hanno consentito di fornire ogni giorno acqua potabile a 50’000 persone. Davanti a diverse scuole rase al suolo sono state montate tende che hanno consentito di continuare a svolgere le lezioni.
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Le attività umanitarie della Svizzera hanno permesso di offrire un aiuto essenziale alle sopravvissute e ai sopravvissuti della catastrofe. Tuttavia, il Paese stava affrontando una situazione di estrema povertà. Dal 2013 Haiti è diventato un Paese prioritario per la cooperazione svizzera. La DSC vi ha avviato programmi di sviluppo a lungo termine con l’obiettivo di migliorare durevolmente le condizioni di vita della popolazione, ridurre la povertà e rafforzare le amministrazioni locali. La DSC ha sostenuto numerosi progetti nei settori del buongoverno, dell’agricoltura e della sicurezza alimentare, nonché dell’occupazione e dello sviluppo economico.
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Il 4 ottobre 2016 Haiti è stata di nuovo colpita da una catastrofe naturale. Venti a 250 km/h si sono abbattuti sul Sud-Ovest del Paese, causando centinaia di vittime e danni ingenti. Inondazioni e frane causate da piogge torrenziali hanno aggravato la situazione. Una trentina di specialisti del CSA hanno partecipato alle operazioni di emergenza nei due mesi successivi all’uragano, concentrandosi sull’accesso all’acqua potabile e sui servizi igienico-sanitari. Per esempio, hanno ripristinato quattro sistemi pubblici di approvvigionamento idrico, che servono in tutto 24’000 persone. La DSC ha destinato 3,3 milioni CHF agli aiuti di emergenza.

Ha anche sostenuto le misure volte a risollevare il Paese nei quattro mesi successivi alla catastrofe, conciliando le sue attività di aiuto umanitario con quelle di aiuto allo sviluppo. Ha appoggiato, per esempio, organizzazioni locali per garantire mezzi di sussistenza alle popolazioni rurali e agricole che hanno perso tutto. Si trattava in particolare di distribuire sementi e animali da allevamento.
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In seguito a un terremoto che ha colpito Haiti il 14 agosto 2021, la Svizzera ha immediatamente reagito per fornire aiuti di emergenza. Oltre ai membri del CSA inviati da Berna, l’Ambasciata di Svizzera a Port-au-Prince è riuscita a mobilitare rapidamente la propria squadra sul posto grazie alla presenza di un ufficio di progetto nel dipartimento del Sud, vicino all’epicentro. In totale una ventina di persone hanno lavorato a stretto contatto con le autorità nazionali e locali per rispondere ai bisogni della popolazione. Per tre settimane le squadre svizzere si sono adoperate in particolare per ripristinare l’accesso all’acqua potabile. Hanno anche installato serbatoi per 10’000 persone in varie località dell’isola. La Svizzera ha stanziato complessivamente più di 4 milioni CHF per rispondere alle necessità, di cui 3 milioni provenienti dalla riprogrammazione delle attività in corso della DSC. La cooperazione allo sviluppo ha ripreso le attività svolte nella fase di emergenza adattando i propri progetti. Per esempio, ha appoggiato la ricostruzione di infrastrutture idriche e igienico-sanitarie attraverso un finanziamento duraturo e partecipativo.
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1976

Il progetto di formazione professionale rurale in Honduras è stato la prima pietra miliare della cooperazione svizzera in America centrale. A seguito della revisione della politica di cooperazione, questo Paese è diventato prioritario in considerazione del fatto che per via del suo prodotto interno lordo pro capite era al penultimo posto tra gli Stati dell’America latina, era nell’elenco di quelli più colpiti dalla crisi petrolifera e il Governo militare di allora attuava una politica sociale relativamente aperta. Questo progetto è stato sviluppato in coordinamento con l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL).
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Il secondo progetto della cooperazione svizzera in Honduras è stato realizzato tramite un progetto bilaterale con il Ministero della sanità pubblica, nel cui ambito sono stati scavati pozzi per far fronte alla grave penuria d’acqua in aree rurali depresse del Paese. POSUIZOS era il nome del progetto originario, che in seguito è diventato il progetto di pozzi e acquedotti rurali (Proyecto de Pozos y Acueductos Rurales, PROPAR).
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Grazie al programma Agua y Saneamiento più di 360’000 persone hanno avuto accesso all’acqua potabile e a servizi igienico-sanitari sicuri, una delle aree tematiche chiave della cooperazione svizzera. Quest’ultima ha saputo mettere in relazione il lavoro sulle infrastrutture in tale settore con gli aspetti sociali della formazione, dell’operatività e della manutenzione. Si tratta di uno dei programmi di maggiore durata (35 anni). La comunità di Jesús de Otoro, nel dipartimento honduregno di Intibucá, ne ha tratto benefici tramite l’installazione di servizi fognari, la costruzione di due impianti di potabilizzazione dell’acqua e la pavimentazione delle strade del centro cittadino.
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Dal 1984 al 1996, 70’000 persone hanno migliorato le loro condizioni di vita grazie al programma di sviluppo rurale integrato («Programa de Desarrollo Rural Integrado», noto come «Chinorte») attuato in sei comuni nel Nord del dipartimento di Chinandega. Gran parte della popolazione viveva in aree a rischio ed è stata trasferita in spazi sicuri con abitazioni dignitose e accesso all’acqua e ai servizi igienici, così come all’istruzione e alla sanità. I cambiamenti hanno favorito uno sviluppo integrale: non solo sono state diversificate le fonti di reddito della popolazione e migliorate la sicurezza alimentare e la salute, ma è stato anche possibile aumentare le competenze tecniche e le capacità produttive, con un conseguente sviluppo di varietà migliorate di sorgo, mais e fagioli. Le banche commerciali hanno anche concesso prestiti per l’allevamento di bestiame. È così che nel corso degli anni, con i governi e le amministrazioni comunali che si sono succeduti, la Svizzera ha contribuito con 24 milioni di dollari a migliorare la produzione agricola e zootecnica, come anche le competenze gestionali e imprenditoriali, oltre a creare infrastrutture stradali per consentire alla popolazione di trasportare i propri raccolti.

«Alcuni dei produttori che hanno ricevuto finanziamenti nell’ambito del programma Chinorte sono ora imprenditori e allevatori di successo. Chinorte ci ha insegnato tecniche di conservazione del suolo e dell’acqua lungo i pendii. Inoltre, abbiamo imparato a lavorare con le curve di livello in pianura, a convivere con la natura, a utilizzare varietà di colture adatte alla zona e ad applicare sistemi silvo-pastorali e agroforestali. Tutte queste conoscenze rimangono nella memoria delle produttrici e dei produttori e continueranno a essere applicate». - Kenny Espinoza, sindaco di Somotillo
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Il Nicaragua è il Paese più povero dell’America latina dopo Haiti e la salute è una questione prioritaria a tutti i livelli. Dal 1985 l’Associazione per l’aiuto medico al Centro America promuove la formazione delle risorse umane, la fornitura di attrezzature e farmaci come pure la costruzione di infrastrutture negli ospedali e nei centri sanitari del Paese. Il reparto di emato-oncologia dell’ospedale pediatrico Manuel de Jesús Rivera (La Mascota) è uno dei più emblematici. La dottoressa Roberta Ortiz, oncologa pediatrica, ha ricevuto un sostegno per specializzarsi in emato-oncologia pediatrica. Dopo aver esercitato per quasi 20 anni la sua professione all’ospedale La Mascota, oggi lavora in Svizzera presso l’Organizzazione mondiale della sanità a Ginevra. È lei a raccontare come è nato il primo programma di cure palliative pediatriche in Nicaragua con il sostegno della cooperazione svizzera e delle reti di solidarietà nel Paese.
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Il progetto relativo all’agricoltura biologica e ai cambiamenti climatici (Biocultura y Cambio Climático), svoltosi tra il 2010 e il 2023, si è concentrato in una prima fase (2010-2014) su azioni globali per affrontare i cambiamenti climatici. In un secondo momento (2015-2019) si è focalizzato sul rafforzamento delle capacità di adattamento delle comunità agli effetti negativi dei cambiamenti climatici. La terza fase del progetto (2020-2023) aveva invece l’obiettivo di consolidare e diffondere a livello nazionale l’approccio e i modelli di gestione globale del territorio implementati nelle tappe anteriori tramite laboratori di apprendimento sull’agricoltura biologica, portando come esempio esperienze di rilievo fatte in alcune aree e replicabili in altre zone.
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Le contadine di Pantasma (Jinotega) sono diventate economicamente autonome grazie all’allevamento di pollame e alla vendita di carne. Hanno unito le loro forze non solo per avviare un’attività imprenditoriale, ma anche per riflettere sui loro diritti, per rafforzare le loro capacità tecniche e gestionali e per promuovere il cambiamento individuale e collettivo. Sebbene il progetto finanziato dalla Svizzera sia terminato nel 2019, questo gruppo di donne continua a lavorare insieme, rafforzando ed espandendo il proprio mercato.
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Il progetto «Vita senza violenza» (Vida Sin Violencia), svoltosi tra il 2016 e il 2022, aveva lo scopo di contribuire a ridurre la violenza nei confronti delle donne boliviane e a facilitare il loro accesso alla giustizia. In un primo tempo sono state raccolte e promosse buone pratiche di lotta contro questa forma di violenza a livello nazionale e subnazionale. In un secondo momento i riflettori sono stati puntati sull’influenza a livello di politiche pubbliche e sulla moltiplicazione delle conoscenze tramite la diffusione, lo scambio e la ripetizione delle informazioni.
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Ad Haiti le disuguaglianze di genere sono notevoli. Le donne hanno scarso accesso alle risorse e non godono delle stesse opportunità degli uomini.

Eppure le donne haitiane possono dare un contributo significativo allo sviluppo del Paese, sia a livello individuale che collettivo.

Nelle zone rurali, le donne hanno un accesso limitato ai mezzi di produzione. Grazie al sostegno del programma PAGAI della DSC, le donne possono iniziare attività per generare reddito, come per esempio la vendita di prodotti agricoli coltivati nei loro orti. In questo modo possono creare sistemi di risparmio che permettono loro di investire in un secondo momento nell’acquisto di bestiame, da vendere all’occorrenza. E riescono anche a far valere le loro posizioni nel contesto familiare e all’interno delle associazioni.
Una partecipante al programma PAGAI racconta: «Da quando seguo la formazione, mio marito dà una mano a fare il bucato e a preparare i pasti. Quando torno dal mercato dove ho venduto i nostri prodotti, non mi interroga più sul prezzo di vendita di ogni ortaggio».

Nel Sud-est del Paese, il programma PROMES, sostenuto dall’ONG haitiana Fonkoze, permette di rafforzare la capacità delle persone di affrontare le sfide quotidiane e di incrementare la loro resilienza alle catastrofi. Grazie a un programma di 18 mesi, si cerca di aiutare le donne a uscire dalla povertà estrema. Quando c’è un coniuge, si organizzano attività diverse per tutti i membri della famiglia. Vengono offerti loro workshop sulla mascolinità positiva, che contribuiscono a ridurre le tensioni e le violenze all’interno della famiglia.

Vari programmi promuovono l’inclusione delle donne nelle professioni in cui sono meno rappresentate e si concentrano sulla formazione – in particolare nei mestieri dell’edilizia – e sul sostegno all’imprenditorialità. Nell’ambito del programma SQUAT, almeno il 30 per cento delle donne viene inserito in corsi di formazione per occupazioni che consentano loro di integrarsi nel mercato del lavoro e di generare reddito. Nel 2022, oltre 400 donne artigiane hanno potuto ottenere un certificato riconosciuto dallo Stato. Circa 150 progetti innovativi, di cui poco più della metà diretti da donne, hanno beneficiato di 180 ore di consulenza e supporto imprenditoriale.
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La cooperazione della DSC con Cuba è iniziata nel 2000 e dal 2004 si concentra su un programma per lo sviluppo locale. L’obiettivo principale è sostenere la società cubana in un processo di sviluppo pacifico, partecipativo ed equo.

I progetti della DSC a Cuba affrontano temi quali il buongoverno locale, lo sviluppo economico locale, la parità tra donne e uomini, l’inclusione nonché la formazione e il perfezionamento.
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Da otto anni Julio César Gonzalez Pagés lavora come incaricato nazionale di programma per la DSC. Tuttavia, per quanto riguarda le questioni di genere, la collaborazione dura da 18 anni. Nel 2024, quando giungerà a termine la cooperazione bilaterale, continuerà a occuparsi del tema della mascolinità nelle sue varie sfaccettature in veste di autore, accademico e attivista.

«In quanto figlio di immigrati spagnoli e con quattro fratelli maschi, i temi legati al genere e all’interculturalità sono sempre stati presenti nella mia vita». Titolare di un master in studi di genere conseguito a New York e di un dottorato in scienze storiche, Julio César Gonzalez Pagés ha perfezionato le sue conoscenze in questi campi a un livello professionale. Single, con un figlio ormai trentacinquenne, sa bene che essere padre non è da tutti, per citare lo slogan «padre non es cualquiera» da lui stesso coniato per creare e presentare il programma televisivo cubano «Cosas de hombres» (cose da uomini) sulla mascolinità. Prima di iniziare a lavorare alla DSC, è stato professore all’Università dell’Avana, dove si è occupato in particolare di diritti umani, questioni di genere, etnia, razza e società civile. È inoltre autore di varie pubblicazioni su migrazione, LGBTI, forme di mascolinità e femminismo. Nell’ambito della sua collaborazione con la DSC e spinto dall’allora capo della rete responsabile delle questioni di genere, nel 2006 Julio César Gonzalez Pagés ha fondato la rete iberoamericana e africana sulla mascolinità (Red Iberoamericana y Africana de Masculinidades, RIAM), che riunisce uomini provenienti da 40 Paesi dell’America latina e dell’Africa, come anche da Spagna e Portogallo, e si occupa delle varie declinazioni di mascolinità e delle relative sfide nell’ambito del genere. Nel 2014 è entrato ufficialmente a far parte del team della DSC dell’Avana, lasciando il mondo accademico per il lavoro sul campo. Il cambiamento è stato notevole, infatti «una cosa è scrivere libri e tenere seminari all’università, un’altra è influenzare le politiche pubbliche». Il valore aggiunto della DSC risiede nel fatto che segue i progetti e si relaziona con i partner in modo personalizzato, a prescindere che si tratti della società civile o del Governo. Julio César Gonzalez Pagés apprezza molto i principi della DSC che ha avuto modo di conoscere, poiché ritiene che non sia possibile influenzare politiche pubbliche o ottenere risultati nei programmi di cooperazione se non si conoscono le persone direttamente toccate. «Se non si riesce a essere un buon essere umano, non si può essere un buon operatore della cooperazione».
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Che cosa significa per Lei ritirarsi in modo responsabile dal contesto cubano?
Innanzitutto per me significa dialogare sul passaggio di consegne relativo al programma con i partner governativi e non governativi e con le agenzie di sviluppo in grado di farsene carico e di portarlo avanti con la stessa efficacia della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). Nel caso di Cuba, i principali interlocutori sono il Ministero del commercio estero, ossia l’istituzione responsabile della cooperazione internazionale che Cuba riceve e offre, le agenzie delle Nazioni Unite e l’Unione europea.   In secondo luogo, ritengo che ritirarsi in modo responsabile dalla cooperazione bilaterale con Cuba implichi l’elaborazione di buone pratiche di gestione delle conoscenze per tutti i partner che continueranno a portare avanti i progetti della DSC.   Infine, significa anche essere trasparenti e rendere conto del proprio operato non solo per mostrare i risultati positivi raggiunti negli ultimi anni, ma anche per individuare le cose che non hanno funzionato e imparare dagli errori.  

Dopo quasi 24 anni di presenza nel Paese, qual è la più grande eredità della DSC nel contesto cubano?
A partire dal 2000, a Cuba ci siamo concentrati su un solo settore, ovvero sullo sviluppo locale, con tre assi strategici: la gestione comunale partecipativa, l’accesso all’alimentazione e lo sviluppo economico locale, con l’aggiunta in ciascuno dei programmi di un quarto asse trasversale che comprendeva le questioni di genere e l’inclusione sociale. Questa strategia si è rivelata proficua e ha portato a risultati duraturi, sia a livello di popolazione rurale e urbana che sul piano sistemico. Ne è un esempio l’impatto che ha avuto ai massimi livelli della legislazione del Paese, ovvero sulla Costituzione della Repubblica di Cuba del 2019, in cui la decentralizzazione e lo sviluppo locale sono considerati fondamentali per lo sviluppo in generale. Abbiamo contribuito a qualcosa di storico, con l’inizio della transizione del Paese verso un sistema decentralizzato.

Tra tutti gli insegnamenti tratti in questi lunghi anni, quali sono quelli che potrebbero servire alla DSC in quanto istituzione, a un altro ufficio di cooperazione o ad altri contesti?
La lezione più significativa che la DSC ha appreso a Cuba è che la cooperazione non è una strada a senso unico. Gli elementi chiave per un lavoro di successo sono la fiducia reciproca che si è instaurata tra Cuba e la Svizzera e la flessibilità degli strumenti di cooperazione.   Un’agenda trasparente e scevra da interessi politici e geostrategici è stata un altro elemento importante per l’elaborazione di un programma di cooperazione a favore delle fasce vulnerabili della popolazione, con un impatto sulle politiche pubbliche che in ultima analisi avrebbero contribuito allo sviluppo del Paese.

Come vede l’impegno della DSC nella regione in futuro, nel 2025 o tra dieci anni?
Ribadisco sempre che, anche se la cooperazione tecnica bilaterale della Svizzera lascia l’America latina, e Cuba in particolare, l’impegno della Confederazione Svizzera rimane. La prova è che l’Ambasciata continuerà a lavorare con altre modalità e strumenti della politica estera svizzera, tra cui la diplomazia e la cooperazione regionale – basandosi sul nesso («nexus») tra aiuto umanitario, sviluppo e pace – e la cooperazione economica.
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Grazie al progetto APOCOOP, 14’000 agricoltrici e agricoltori cubani e le loro famiglie hanno potuto migliorare la produzione, aumentare il proprio reddito e creare nuovi posti di lavoro. L’incremento della produzione è importante anche perché Cuba importa praticamente l’80% dei suoi prodotti alimentari.

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Il progetto ha avuto un forte impatto sullo sviluppo personale e professionale delle persone che vi hanno partecipato, soprattutto delle donne, dato che sono state adottate misure specifiche per promuovere la parità di genere.
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Martha Orsell Adeis per esempio ha sofferto a lungo per il maschilismo del suo ambiente. Il progetto le ha permesso di emanciparsi, frequentare l’università e trovare un lavoro. «APOCOOP mi ha cambiato la vita», dice riflettendo sul passato. Martha Orsell Adeis ha sfruttato le sue capacità di leadership appena acquisite per fare rete e lottare per la causa delle donne a livello regionale e nazionale.
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Erano giovani uomini e donne per i quali la solidarietà non era fatta solo di parole. Negli anni Ottanta del secolo scorso, le brigate dei volontari svizzeri hanno offerto a 800 di loro l’opportunità di dimostrarlo. Hanno abbandonato qualsiasi comodità per recarsi nelle aree più bisognose del Nicaragua e fornire il loro sostegno in vari ambiti, come quello dell’istruzione, della salute, della produzione, dell’edilizia e della cultura. Avevano tra i 18 e i 25 anni, erano organizzati in più di 20 comitati di solidarietà e dovevano lavorare per tre mesi nel Paese. Un’esperienza che ha segnato la loro vita e cambiato quella delle persone che hanno beneficiato del loro aiuto.

«Sono stato portato in una cooperativa tra Achuapa e Limay. Eravamo in sei e io sono stato nominato traduttore ufficiale nonostante avessi seguito solo dieci lezioni di spagnolo! Ci siamo sistemati nella piccola scuola locale e abbiamo contribuito alla costruzione di abitazioni. Per me, ragazzo ventenne, è stata un’esperienza straordinaria... per quello che rappresentava in termini di valori, di speranza, ma anche di rapporti interpersonali: c’erano volti, c’erano voci, persone che rimanevano impresse. Un’avventura che ha segnato la mia vita». - Beat Schmid, «brigatista» svizzero e ora rappresentante dell’Associazione per l’aiuto medico al Centro America (Ayuda Médica para Centroamérica)


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Un buon raccolto serve a poco se non c’è un posto dove conservarlo. Il programma «Postcosecha» (1983-2009) è stato fondamentale per lo sviluppo rurale perché ha insegnato ad agricoltrici e agricoltori a costruire silos metallici che hanno permesso di immagazzinare i raccolti in modo più sicuro, di ridurre le perdite e di garantire la sicurezza alimentare. Nel caso del Nicaragua, questo progetto è andato a beneficio di 380’000 persone, che hanno anche appreso a commercializzare i silos. Félix Hernández aveva 38 anni quando ha imparato questo mestiere, di cui vive tuttora.
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Il contesto haitiano era molto fragile e caratterizzato dalla grande vulnerabilità delle popolazioni e delle istituzioni, con una forte incidenza di catastrofi naturali – terremoti, cicloni, inondazioni, siccità – aggravate dal cambiamento climatico.   Mentre numerose associazioni svizzere di assistenza e di solidarietà erano attive ad Haiti fin dagli anni ’50, la Svizzera ha sostenuto ufficialmente il Paese dalla fine degli anni ’90. Dopo il devastante terremoto del 2010 e l’uragano Matthew del 2016, la Svizzera ha aumentato notevolmente il suo impegno umanitario nel Paese, partecipando agli sforzi di ricostruzione e al rafforzamento del dispositivo di riduzione del rischio di catastrofi. Dal 2013 ha gestito anche programmi di sviluppo a lungo termine, con lo scopo di migliorare in modo duraturo le condizioni di vita, ridurre la povertà e rafforzare le amministrazioni locali.
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La tecnologizzazione dei processi contabili e la formazione del personale tecnico nel settore dell’amministrazione finanziaria hanno fatto sì che nel comune di Humuya, nel dipartimento honduregno di Comayagua, le entrate fiscali in varie aree fossero superiori del 100% rispetto a prima. Questi fondi sono stati investiti in opere sociali che hanno migliorato il benessere della popolazione. La cooperazione svizzera ha offerto lo stesso tipo di supporto ad altri governi locali che non spendevano le risorse in entrata perché la loro amministrazione veniva registrata a mano. In questo processo, la popolazione ha imparato a identificare, priorizzare e chiedere determinate opere in relazione alle proprie necessità, e a coordinare interventi insieme alle amministrazioni comunali.
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Nel marzo del 2010 il Consiglio federale ha deciso di stanziare 36 milioni CHF per la ricostruzione di Haiti. Poco tempo dopo, la DSC ha aperto a Port-au-Prince un Centro di competenza per la ricostruzione (CCR) composto da esperti del CSA e del settore privato.

La DSC si è concentrata sulla ricostruzione delle infrastrutture ed è stata la prima organizzazione a ottenere dal Ministero dell’istruzione haitiano l’autorizzazione a costruire scuole permanenti dopo il sisma. A oggi ne ha edificate 12 formando più di 1000 muratori. Tutte le costruzioni sono state realizzate in base a norme edili parasismiche e antiuragano per ridurre l’esposizione della popolazione ai rischi naturali.

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La Svizzera è stata al fianco del Governo honduregno nell’avvio e nel consolidamento di riforme nazionali nel campo della giustizia, della sicurezza e dei diritti umani. Una delle linee di lavoro è consistita nel migliorare lo svolgimento delle mansioni nel settore della sicurezza, in particolare della polizia nazionale. Ne è conseguito un aumento del numero di indagini e di casi di violazione dei diritti umani e omicidio risolti.
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Con il programma di sicurezza dei cittadini e delle cittadine, la cooperazione svizzera ha contribuito all’avvio delle riforme del sistema di formazione degli agenti di polizia. Ha inoltre concorso a migliorare la governance interna, a introdurre la polizia comunitaria e ad applicare sistemi di controllo volti a garantire l’integrità delle istituzioni, così da permettere alla popolazione honduregna di condurre una vita sicura.  

Oltre a ciò è stato realizzato un moderno edificio, dotato di varie risorse fisiche e tecnologiche, nel quale si trovano 32 aule in cui svolgere lezioni, una biblioteca, una sala conferenze e una sala per i processi orali e pubblici. L’Istituto tecnico di polizia (Instituto Técnico Policial) di La Paz, in Honduras, è diventato così un modello all’avanguardia per il miglioramento della formazione nel settore della polizia.
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Dopo il passaggio dell’uragano Ian nelle provincie di Pinar del Rio e Artemisa è stato firmato un accordo sullo stanziamento di 500’000 CHF al Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite per continuare a sostenere gli interventi di risposta e ricostruzione a seguito dei danni verificatisi. La Svizzera aveva già sostenuto il Paese in occasione di catastrofi precedenti, ma questa donazione ha contribuito al primo piano d’azione dell’ONU a Cuba. I fondi sono stati utilizzati per acquistare e distribuire circa 340 tonnellate di alimenti per fornire un’assistenza diretta alle persone più vulnerabili nella provincia di Pinar del Rio.
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Dal 1984 la cooperazione svizzera in Honduras ha iniziato a collaborare con organizzazioni non governative, soprattutto per quanto riguarda l’accesso ad acqua di buona qualità. Insieme ad altre agenzie di cooperazione ha istituito un coordinamento nel settore delle risorse idriche e dei servizi igienico-sanitari. Dieci anni dopo, questa iniziativa si è evoluta in un progetto regionale chiamato Red Regional de Agua y Saneamiento de Centroamérica (rete regionale dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari dell’America centrale), che ha influito sullo sviluppo di politiche, leggi e tecnologie adeguate per le popolazioni rurali.
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De acuerdo con los principios humanitarios universales, Suiza proporciona ayuda de emergencia en situaciones de crisis, conflictos y desastres. Resolver las  necesidades de las personas afectadas es un aspecto central en las intervenciones de la Ayuda Humanitaria de la Cooperación Suiza. La ayuda prestada por los equipos de rescate y reconstrucción ha contribuido a salvar vidas y a reconstruir infraestructuras importantes.

En octubre de 1998, las torrenciales tormentas provocadas por el huracán Mitch arrasaron por completo el municipio de Morolica en Choluteca (Honduras). A través de sus diferentes programas y proyectos, entre ellos el famoso programa AGUASAN, Suiza dio una respuesta integral que incluyó la distribución de alimentos y artículos de primera necesidad, agua potable, y la pavimentación de las calles de la comunidad. La intervención de la Cooperación Suiza, en coordinación con organizaciones internacionales y locales especializadas, fue decisiva para levantar la nueva Morolica.
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Nell’arco di sei anni (2002-2008), 90’000 produttrici e produttori hanno avuto per la prima volta accesso all’elettricità per vivere e lavorare. Questo risultato è stato raggiunto grazie al progetto di costruzione di piccole centrali idroelettriche attuato dalla Banca Mondiale e dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite con il sostegno della Svizzera. Oltre a migliorare la qualità di vita delle persone in questione, il progetto ha permesso loro di modernizzare i propri sistemi produttivi e di aumentare i mezzi a disposizione per soddisfare i loro bisogni.
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La coltivazione dell’anacardio da semplice forma di sussistenza si è trasformata in un’attività redditizia sostenibile grazie alla logica delle catene di valore. Nelle comunità di Choltueca, in Honduras, la catena di valore si è rafforzata grazie alla formazione tecnica professionale, al miglioramento della qualità della frutta, ad alleanze commerciali strategiche e all’empowerment femminile. La cooperazione svizzera e Swisscontact, di concerto con i produttori e le produttrici locali e le istituzioni statali, sono riusciti a trasformare in modo sostanziale la qualità della vita delle famiglie beneficiarie e a rendere l’anacardio un prodotto che contribuisce allo sviluppo sostenibile, inclusivo, economico e sociale del Paese nel rispetto dell’ambiente.
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Per promuovere uno sviluppo economico inclusivo, la cooperazione svizzera ha sostenuto il rafforzamento di queste filiere. È stato così possibile creare 30’000 nuovi posti di lavoro, il 30% dei quali occupati da donne, e 16’000 famiglie di produttori hanno ottenuto un reddito aggiuntivo per un totale di 17 milioni USD, che hanno reinvestito nelle loro unità produttive riuscendo a far fronte a una delle cause della migrazione.
 
«Oggi, grazie alla DSC, il cacao viene comprato dalla società Halba, che produce cioccolata. Abbiamo così un mercato assicurato e vendiamo a un prezzo che nessun altro riesce a ottenere», afferma con soddisfazione Nidia Rodríguez, produttrice della cooperativa agricola di produttori di cacao (Cooperativa de Producción Agrícola Cacaoteros) di Jutiapa, che comprende 36 comunità della costa settentrionale dell’Honduras.
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Il programma di rafforzamento dell’istruzione tecnica e professionale a Cuba (Programa de Fortalecimiento de la Educación Técnica y Profesional en Cuba, PROFET) promuove l’accesso dei giovani al mondo del lavoro, prestando particolare attenzione alle donne e ai gruppi svantaggiati. A tal fine, ha migliorato la qualità della formazione in sei ambiti dell’istruzione tecnica professionale (edilizia, agricoltura, turismo, comunicazione, meccanica e trasporti) modernizzando le tecnologie e i programmi di insegnamento pratico e rafforzando le sinergie tra gli istituti formativi e il settore produttivo. In base ai piani di sviluppo di Cuba, l’istruzione tecnica professionale rappresenta una priorità delle politiche pubbliche e della nuova legge sull’istruzione (Ley de Educación), poiché è uno strumento di formazione della manodopera qualificata richiesta dai programmi economici per uscire dalla crisi e offrire ai giovani migliori possibilità di accesso a opportunità lavorative e a fonti di reddito.
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Il progetto «Procacao» ha permesso alle cooperative e ai singoli produttori di cacao della costa caraibica settentrionale di migliorare la loro produttività e la loro competitività senza danneggiare l’ambiente. Hanno così potuto aumentare il loro reddito, rafforzare la loro struttura organizzativa e migliorare la qualità, la certificazione e la commercializzazione sui mercati internazionali. Questo progetto è stato promosso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale e dal Governo del Nicaragua con il sostegno della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) svizzera. Efraín Barrera di El Murciélago, nel comune di Bonanza, esporta il suo cacao certificato in Germania.


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Da molti anni la cooperazione svizzera partecipa attivamente allo sviluppo economico dell’Honduras. Negli ultimi 20 anni l’attenzione si è concentrata sul miglioramento della produttività nelle aree rurali, sull’aumento del reddito delle piccole e medie imprese, sulla creazione di occupazione e sull’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro.
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Quando era bambino, in Honduras, Jorge Escobar sognava di lavorare, un giorno, per la cooperazione internazionale. E così è stato. Da 27 anni è impiegato presso la DSC, dove ha iniziato come autista, per poi diventare contabile.

«Sono nato in una famiglia di dieci figli, da genitori umili e senza formazione professionale, in un Paese estremamente povero». Jorge Escobar ha iniziato a lavorare all’età di nove anni. «Ho fatto di tutto. Ho lustrato scarpe, ho venduto per strada, e queste esperienze mi hanno formato». Ricorda perfettamente il momento in cui ha deciso di lavorare nel settore della cooperazione. Aveva 15 e faceva l’aiutante in ambito edile. «Spesso compravamo il pranzo da una signora il cui figlio viaggiava con un veicolo della missione internazionale. È stato allora che ho deciso che anch’io, prima o poi, avrei lavorato per un’organizzazione come quella». Grazie a un amico, Jorge Escobar è venuto a sapere che la DSC stava cercando un autista, ed è riuscito a ottenere il posto. «Ha significato molto per me. Ero un ragazzino che lavorava sotto il sole e sognava di andare più lontano nella vita. E alla fine ce l’ho fatta. Vale la pena inseguire i propri sogni». Nel 1995 era fiero di iniziare a lavorare nell’ufficio di cooperazione di Tegucigalpa nel ruolo di autista. Tre anni dopo, nel 1998, sul Paese si è abbattuto l’uragano Mitch, in seguito al quale è iniziato il coordinamento degli aiuti umanitari sulla costa nord. Jorge Escobar aveva il compito di trasportare impianti sanitari portatili per il programma Aguasan da Tegucigalpa a San Pedro Sula. «Mancava un’ora all’arrivo, quando mi sono trovato davanti una strada interrotta. Un vero e proprio oceano dove galleggiavano capi di bestiame. Volevo fare marcia indietro, ma non potevo. Sono rimasto in macchina per un giorno intero. Torrenti d’acqua si riversavano giù dalle colline, la pioggia non accennava a smettere, cadevano pietre. È stata un’esperienza che mi ha segnato». Nonostante tutto, non si è perso d’animo, era felice di star facendo qualcosa di buono. Il giorno successivo è riuscito a tornare a Tegucigalpa.   Nel 2004 si è presentata l’opportunità di lavorare come contabile: «Anche se avevo un titolo di studio, avevo sempre fatto l’operaio. Il capo della cooperazione mi ha proposto di cambiare tipo di impiego. Ero titubante, ma ho colto l’occasione. Una volta accettata la sfida – non dico che sia stato facile – ho sempre dato il 100%». In effetti, il cambiamento è stato grande. «L’approccio è diverso. I fondi per la cooperazione provengono dalle imposte e vengono utilizzati per sostenere i Paesi in difficoltà. Come contabile, so che questo aspetto ha un grande valore. È il denaro di un popolo che viene speso per aiutare un altro popolo». Per Jorge Escobar, il senso di responsabilità e l’onestà sono due principi di vita molto importanti. A suo modo di vedere, la DSC incarna entrambi i valori.
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La DSC mette fine alla cooperazione bilaterale allo sviluppo in Honduras. Cosa significa concretamente?
È fondamentale pianificare il processo nei minimi dettagli sin dall’inizio, definendo per esempio le tempistiche e le modalità di conclusione dei progetti o di delega ai partner, l’iter di informazione e la chiusura finanziaria. Tutte le parti interessate – interne ed esterne – devono essere coinvolte tempestivamente e in modo adeguato. Credo che in Honduras tutto questo sia riuscito bene.  
Un altro aspetto che ho ritenuto importante è stato la gestione del personale. Abbiamo concesso alle nostre collaboratrici e ai nostri collaboratori locali tempo sufficiente per riorientarsi professionalmente, oltre che possibilità di formazione.

Dopo 40 anni di presenza in Honduras, qual è la più grande eredità della DSC?
Il nostro più importante lascito in Honduras è rappresentato da programmi e progetti fortemente radicati a livello locale, che abbiamo potuto sostenere per 10 o 20 anni ottenendo risultati concreti e che continueranno a esistere e a svilupparsi anche senza la DSC. Penso per esempio ai progetti realizzati nell’ambito della gestione idrica, dei diritti umani o della catena di creazione di valore nella filiera del cacao. È invece più difficile valutare il nostro impegno nel campo della lotta alla corruzione dilagante da anni, un enorme problema la cui soluzione richiederà molto tempo.  

Quali conclusioni trae?
In contesti caratterizzati da stagnazione politica e mancanza di dinamismo, ridurre la povertà è difficile. Nonostante gli immensi sforzi della comunità internazionale per raggiungere questo grande obiettivo, negli ultimi anni l’Honduras e i suoi abitanti si sono piuttosto impoveriti. Le rimesse dall’estero sono state a lungo il principale pilastro economico per garantire la sopravvivenza di gran parte della popolazione.

Come vede la cooperazione con l’Honduras tra dieci anni?
In Honduras le catastrofi naturali, come uragani, siccità o terremoti, sono molto frequenti. Ecco perché è importante mantenere nel Paese una struttura minima in fatto di prevenzione di catastrofi e aiuto umanitario composta da una rete di organizzazioni non governative operanti in loco e possibilmente organizzazioni internazionali. In questo campo la Svizzera può dare un contributo decisivo anche in futuro.  
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«Prima dovevo camminare a lungo per andare a prendere l’acqua per me e per i miei figli», racconta Tiolinda Gonzales Sánchez. «E se non pioveva per molto tempo, le piante del mio orto appassivano». Grazie alla partecipazione al programma di gestione dei bacini idrografici, dove ha imparato le procedure e le tecniche per un uso sostenibile dell’acqua, questi problemi appartengono ormai al passato.
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«Per prima cosa abbiamo analizzato la situazione della mia fattoria», spiega Tiolinda Gonzales Sánchez. «Poi abbiamo dato inizio ai lavori: ho costruito un piccolo serbatoio per l’acqua, creato delle terrazze e scavato dei canali». Oggi non solo ha acqua a sufficienza per sé e per i suoi tre figli, ma rifornisce anche la vicina scuola, dove studiano 150 bambine e bambini.
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Il programma ha inoltre sostenuto Tiolinda Gonzales Sánchez nella coltivazione e nella cura di alberi da frutto tra cui pesche e pesche noci, guaiave, prugne e avocado. Seguendo i corsi ha imparato qual è la distanza adeguata tra le piante, come trattare le stoppie, come funziona la coltivazione in consociazione e come si producono pesticidi biologici. E con successo: oggi ottiene sempre buoni raccolti. Ma Tiolinda Gonzales Sánchez non riposa certo sugli allori. Condivide le sue conoscenze con altri agricoltori e agricoltrici della sua comunità e gestisce anche un’importante fonte d’acqua. L’obiettivo del programma per la gestione dei bacini idrografici è una gestione partecipativa e sostenibile dell’acqua in tutta la regione. Più di 20’000 famiglie ne stanno già beneficiando.
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Tra il 1985 e il 1992, in concomitanza con le ampie riforme economiche e politiche e con i processi di aggiustamento strutturale in Bolivia, il programma svizzero, piuttosto classico e di modesta portata, ha compiuto un notevole balzo in avanti per quanto riguarda le aree tematiche, le risorse finanziarie e gli approcci adottati. A partire dal 1986, la cooperazione allo sviluppo svizzera ha iniziato a sostenere le iniziative di riforma dello Stato e, per la prima volta nell’America latina e nei Caraibi, ha applicato strumenti di cooperazione come l’assistenza bilaterale alla bilancia dei pagamenti e le misure di riduzione del debito, tutte coordinate a livello internazionale. Oltre a questi sforzi, nel 1986 anche la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha avviato le proprie attività nel Paese, che si sono concentrate sugli altopiani andini, sulle valli interandine e sui quartieri urbani poveri. Naturalmente, alcune iniziative a livello «macro» hanno avuto rilevanza nazionale. 
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Dalla fine degli anni Novanta i temi prioritari della cooperazione svizzera allo sviluppo sono rimasti in gran parte gli stessi e sono stati fino a oggi – pur con importanza variabile e con cambiamenti negli obiettivi specifici dei progetti – i seguenti:
1. buongoverno e democrazia
2. uso sostenibile delle risorse naturali
3. sviluppo economico sostenibile (compresi i progetti nelle aree rurali e urbane)
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Il Programma speciale (2004-2010) è stato caratterizzato da una serie di progetti a medio e lungo termine, a cui si sono aggiunti gli aiuti umanitari, spesso sotto forma di donazioni di latte in polvere e di soccorsi in caso di uragani. A differenza dell’UE, che nel 2003 aveva sospeso tutta l’assistenza tecnica in seguito alla repressione dei dissidenti da parte del Governo cubano, la Svizzera ha mantenuto il proprio impegno e ha persino ampliato la cooperazione bilaterale. «Continuità» non è solo una parola che si trova spesso nei documenti strategici consultabili del Governo cubano, ma anche un concetto che è stato citato dalla maggior parte delle persone intervistate come qualità unica nel suo genere e vantaggio comparativo della cooperazione svizzera allo sviluppo.
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Otto mesi dopo il terremoto, nel centro del Paese è scoppiata un’epidemia di colera. L’Aiuto umanitario svizzero è stato allora chiamato dalle autorità haitiane a rafforzare i meccanismi di trattamento e di controllo dell’acqua potabile nelle aree più colpite e a formare tecnici locali. Nel 2012 il Governo haitiano e la DSC hanno deciso di mantenere questo impegno anche in futuro. La DSC è stata invitata a contribuire al miglioramento del sistema nazionale di approvvigionamento della popolazione con acqua potabile. Sono stati creati 11 laboratori di analisi, e 48 sistemi di approvvigionamento idrico sono stati equipaggiati con materiale per la clorazione, il tutto a beneficio di 200’000 utenti. Sul piano strategico, la DSC ha aiutato la Direzione nazionale haitiana per la fornitura d’acqua potabile e di servizi igienici (DINEPA) ad allestire una nuova guida tecnica nazionale («Document référentiel technique national»).
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Il progetto relativo ai mercati inclusivi, sostenuto tra il 2013 e il 2023 dalla cooperazione svizzera, negli ultimi anni è stato cofinanziato dall’Agenzia svedese di cooperazione internazionale allo sviluppo (Swedish International Development Cooperation Agency, SIDA). Gli interventi sviluppati in una prima fase (sotto il nome di «mercati rurali») puntavano a migliorare le condizioni di vita delle persone impiegate in attività agricole e zootecniche in aree rurali attraverso il rafforzamento delle loro capacità, lo sviluppo di modelli commerciali, la formazione in ambito finanziario e un accesso ai mercati più agevole. Nell’ultima fase è stata data la priorità alla collaborazione con attori impegnati nello sviluppo di attività agricole, zootecniche e di altro genere (con particolare attenzione nei confronti delle donne e dei giovani) all’interno di unità produttive a gestione familiare situate nelle regioni dell’altopiano e delle valli interandine, particolarmente vulnerabili di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici e dell’insicurezza alimentare.
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Il programma ha agevolato l’istituzione di un sistema territoriale di amministrazione dell’acqua, una gestione globale e sostenibile di questa risorsa e la costruzione di opere strategiche frutto della collaborazione pubblico-privata nella zona dei bacini dei fiumi Choluteca, Sampile e Nacaome, presso il Golfo di Fonseca. Il programma ha rafforzato gli utenti pubblici e privati dell’acqua e gli attori politici che hanno preso le redini della politica idrica nazionale. Indirettamente ne hanno beneficiato 66’000 famiglie.
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Le condizioni di sicurezza a Port-au-Prince sono peggiorate costantemente dall’estate del 2021 e dall’assassinio del presidente haitiano. La Svizzera continua a portare avanti i suoi progetti ad Haiti, con fondi destinati principalmente a scopi umanitari. Grazie alla sua presenza di lunga data sul territorio, la Svizzera può sfruttare non solo l’esperienza e gli insegnamenti tratti dai programmi di cooperazione e dalle operazioni umanitarie, ma anche la sua buona reputazione di Paese donatore flessibile che lavora a stretto contatto con gli attori locali. Anche nel 2023 ha potuto sostenere piccoli attori locali nei settori della cultura e dei diritti umani, cogliendo ogni occasione per promuovere progetti gestiti da persone e istituzioni locali.
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Fazioni nemiche degli anni Ottanta del secolo scorso, ex «contras» ed ex combattenti dell’Esercito popolare sandinista hanno unito le forze per migliorare le vie di accesso alla comunità di Las Veguitas (comune di El Tuma-La Dalia, Matagalpa), dato che nella stagione delle piogge le strade erano impraticabili e, di fatto, isolate le une dalle altre. L’ufficio del sindaco e la comunità hanno attuato il progetto di miglioramento viario finanziato dalla Svizzera. Questi 12,7 chilometri di strade hanno facilitato la messa a disposizione di servizi di base (elettricità, acqua e servizi igienici), la creazione di scuole e centri sanitari, l’aumento dell’attività produttiva e l’accesso a beni e mercati.

Attraverso il programma di buongoverno locale, la cooperazione svizzera ha sostenuto i comuni nella realizzazione di investimenti con la partecipazione della popolazione.

Per la prima volta è stato garantito l’accesso ai trasporti pubblici, è arrivata l’energia elettrica e sono state realizzate postazioni sanitarie e migliorate le scuole; la strada ha permesso anche di vendere a un prezzo equo i prodotti realizzati in loco. Inoltre, è stato formato il personale addetto alla manutenzione delle strade, che continua ancora oggi a occuparsene. Tutto è stato fatto all’insegna della sostenibilità, e i progetti non sono morti, ma continuano a dare i loro frutti». - Maryan Ruiz, ex sindaco di El Tuma-La Dalia (2008-2010)
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Il Fondo svizzero di sostegno alla cultura (Fondo Suizo de Apoyo a la Cultura, FSAC), avviato nel 2012, incentiva le iniziative di artisti, promotori e gruppi culturali di diverse arti che contribuiscono alla coesione e all’inclusione sociale, oltre a rafforzare l’identità culturale nel rispetto della diversità. La cultura unisce e favorisce il dialogo, per questo il FSAC appoggia le iniziative che nascono e si concentrano nelle aree rurali e suburbane, affinché da lì si aprano spazi di confronto, partecipazione e realizzazione di sogni e proposte insieme a chi ci vive (persone, gruppi, organizzazioni e istituzioni). Il FSAC sostiene anche lo sviluppo di interventi volti a rafforzare le capacità di artisti, promotori e gruppi culturali, nonché a far sbocciare i loro talenti. Inoltre, promuove piattaforme di scambio reciproco tra promotori della cultura, gruppi culturali e la popolazione.
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Per migliorare la situazione alimentare delle famiglie contadine la Svizzera incoraggia i piccoli agricoltori a seminare nuove piante, li aiuta a incrementare i loro raccolti e a stoccare e vendere meglio i loro prodotti, a vantaggio di tutti gli haitiani, che possono così disporre di alimenti locali a prezzi accessibili.

In cooperazione con il Canada, la Svizzera ha sostenuto– in dieci dipartimenti –  la creazione di un sistema di concessione di crediti per l’agricoltura di cui hanno beneficiato, tra il 2014 e il 2017, oltre 14’500 contadini (il 28% dei quali erano donne). Nel Paese, grazie agli incentivi per gli istituti di microfinanza, l’offerta di crediti agrari è aumentata del 30%.

Per far sì che i miglioramenti siano duraturi, i contadini vengono aiutati in modo mirato a perfezionare le loro capacità di resistenza ai pericoli naturali. La Svizzera contribuisce inoltre al consolidamento delle capacità statali necessarie per gestire le catastrofi naturali e, all’occorrenza, eroga aiuti alimentari e d’emergenza ad hoc.
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Per far fronte alla polarizzazione e agli scontri nel Sud dell’Honduras e nella zona di la Mosquitia, la cooperazione svizzera ha deciso di integrare in tutti i suoi progetti un approccio di tipo psicosociale, che concorre ad avviare processi di dialogo, trasformazione dei conflitti, empowerment e coesione sociale. I vari soggetti presenti su un territorio possono così comprendere gli interessi e le ragioni di ogni attore sociale coinvolto. In questo modo si è cercato di ridurre i conflitti sociali tra comunità, autorità, settore privato e media nelle questioni che riguardano risorse naturali e progetti economici.
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Da molti anni la Svizzera sostiene lo sviluppo locale in Bolivia. Negli ultimi 20 anni l’attenzione si è concentrata sul miglioramento della produzione agricola e sull’aumento del reddito dei piccoli agricoltori. Sono state inoltre adottate misure per rafforzare la resistenza ai cambiamenti climatici e costruire un sistema di governance efficace conformemente all’agenda di sviluppo nazionale.
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Dopo aver completato la sua formazione in comunicazione sociale, sviluppo, gestione e risorse umane, Midory Arzadum Salazar ha iniziato il proprio percorso lavorativo come assistente nel campo della governance, per poi occuparsi di amministrazione e risorse umane.

Della sua carriera professionale ricorda alcuni momenti salienti, come l’accreditamento del primo ambasciatore svizzero in Bolivia. È stato commovente vedere la bandiera svizzera nel palazzo presidenziale, alla presenza di un folto numero di collaboratrici e collaboratori. È stato proprio quell’ambasciatore a spingere Midory Arzadum Salazar a creare la prima rete di amministrazione e risorse umane della cooperazione internazionale. Successivamente, la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) ha avviato l’istituzione del gruppo di partner per lo sviluppo della Bolivia (grupo de socios para el desarrollo de Bolivia, GRUS) con la partecipazione di organizzazioni bilaterali e multilaterali, che ha rafforzato le possibilità di dialogo politico tra il Governo e attori con posizioni affini (like-minded). Le due realtà sono tuttora operative e recano una forte impronta svizzera. Midory Arzadum Salazar apprezza la flessibilità e l’apertura del personale trasferibile, che ogni quattro anni si confronta con una nuova cultura e un nuovo contesto. Ma anche il personale locale deve sapersi adattare a nuovi stili di gestione e modi di vedere la situazione boliviana. Congedarsi dalle colleghe e dai colleghi svizzeri ha un forte impatto emotivo e le feste di saluto sono sempre state speciali. Ne ricorda una in particolare, quando a un collega svizzero, grande tifoso della squadra di calcio The Strongest, è stata consegnata personalmente dal capitano di allora una maglia autografata del team.
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La DSC mette fine alla cooperazione bilaterale in Bolivia. Qual è l’esito di oltre 50 anni di cooperazione allo sviluppo?   Ci lasciamo alle spalle una ricca eredità, che continuerà a dare i suoi frutti anche in futuro. In diversi dipartimenti del Paese, per esempio, abbiamo contribuito a opere di rimboschimento con alberi maturi, visibili anche in lontananza, e alla creazione di riserve naturali boschive utilizzate in modo sostenibile; abbiamo inoltre promosso un’agricoltura produttiva grazie a sementi resistenti al clima e a tecniche di coltivazione rispettose dell’ambiente, oltre che un allevamento di bestiame ottimizzato con piante foraggere di alta qualità. Tutte queste importanti conquiste saranno mantenute e continueranno a generare benefici, poiché sono poste sotto la responsabilità di attori boliviani con interessi economici e sociali concreti.

A livello internazionale, la Bolivia è uno dei Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici.
Quali sono i progressi su questo fronte?
Abbiamo aiutato i partner boliviani a identificare e affrontare il cambiamento climatico quale sfida prioritaria, nell’ambito della ricerca e dell’economia come anche sul piano politico. La DSC ha facilitato la messa in rete di esperte ed esperti boliviani, svizzeri e internazionali. Ha così affiancato i produttori agricoli, i comuni e i ministeri in Bolivia nell’adattamento ai cambiamenti climatici, nelle analisi dei rischi, nell’implementazione di nuovi metodi di produzione, nel miglioramento delle infrastrutture e nell’impiego di sistemi meteorologici di allerta precoce. Con il sostegno della Svizzera è stato possibile consolidare la ricerca climatica nazionale, che procede ora in modo indipendente e si contraddistingue per l’elevata qualità.  

E cosa dire dello sviluppo economico?
Per quel che concerne lo sviluppo economico, abbiamo contribuito alla costituzione di centinaia di piccole e medie imprese (PMI) promettenti e di oltre 70 istituti di formazione professionale con infrastrutture moderne, personale docente competente e programmi di studio orientati al futuro. Sulla base del modello duale svizzero, negli ultimi anni nel campo della formazione professionale si è instaurata una stretta collaborazione tra il settore privato, i centri di formazione e lo Stato; ne conseguirà un impatto positivo sulla competitività delle aziende boliviane grazie al rafforzamento delle competenze e della capacità innovativa.

E sul piano governativo…   Nell’ambito del buongoverno, la Svizzera ha contribuito a rafforzare gli enti pubblici di 340 comuni, migliorando i processi democratici e le competenze in materia di budget. La DSC ha inoltre favorito un accesso equo alla giustizia per la gente comune, per esempio tramite procedure di mediazione efficienti e a costi contenuti. Una delle attività più importanti degli ultimi anni è stata la lotta alla violenza contro le donne, i bambini e gli anziani: in questo contesto sono state lanciate campagne di prevenzione su scala nazionale ed è stata allestita un’offerta di consulenza specifica.   Come detto, ci lasciamo alle spalle una ricca eredità, che la popolazione boliviana continuerà a sviluppare negli anni a venire. Molti dei nostri programmi saranno portati avanti anche dopo il ritiro della DSC, sia da parte di organizzazioni locali della società civile – come Solidar Suiza, la Fundación Unir, le università di Cochabamba e La Paz, le autorità boliviane (per esempio il Ministero dell’ambiente e dell’acqua, il Ministero dell’istruzione, il Ministero dello sviluppo economico) – sia da parte di organizzazioni donatrici europee, come l’Agenzia svedese per la cooperazione internazionale allo sviluppo (SIDA).  
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In Bolivia la DSC ha rafforzato 72 centri di formazione pubblici nel settore della formazione tecnico-professionale, permettendo così a molte persone di applicare direttamente le conoscenze acquisite. Jonatan Daniel Pacosillo e Rolando Stefano hanno svolto un tirocinio come elettromeccanici presso il Corea Model Municipal Hospital.
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«Abbiamo notato che in molti casi le pazienti e i pazienti provavano disagio dopo aver passato ore sulla sedia a rotelle», spiega Rolando Stefano. Stare seduti per lunghi periodi comporta spesso dolori e la formazione di piaghe. I due ragazzi hanno così deciso di sviluppare una sedia personalizzabile in grado di ridurre questi problemi.   «Altezza, velocità di sollevamento, inclinazione corretta, supporto del corpo: ognuno di questi aspetti viene misurato e valutato», spiega Rolando Stefano. Nessuna azienda in Bolivia produce sedie a rotelle con funzioni simili, e farne arrivare una dall’estero è troppo costoso per la maggior parte delle persone.
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I due giovani hanno ora completato il tirocinio e la formazione, e si sono inseriti con successo nel mondo del lavoro come elettromeccanici. Non hanno però messo da parte questo progetto: «Vogliamo perfezionare la nostra sedia a rotelle per migliorare la vita delle persone nel nostro Paese», conclude Rolando Stefano.
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Il dott. Guillermo González, ministro e direttore del Sistema nazionale per la prevenzione, la mitigazione e la risposta ai disastri (Sinapred, Nicaragua), commenta la lunga cooperazione con la Svizzera.
 
«Quando si riesce a far combaciare la visione dell’organizzazione con quella del Governo, si ottiene qualcosa che va oltre una collaborazione. Credo che con la cooperazione svizzera sia stato raggiunto l’importante obiettivo di armonizzare la sua visione con quella del Paese.

La Svizzera ha sostenuto il Sinapred per molti anni formando il personale e mettendo a disposizione risorse tecnologiche. In questo processo di sviluppo del sistema nazionale che ha avuto luogo soprattutto negli ultimi 16 anni, ha contribuito all’introduzione di tecnologie e strumenti che ci permettono di gestire il rischio in modo più moderno. Abbiamo sviluppato un’unità di monitoraggio nazionale con la quale possiamo rispondere alle situazioni di emergenza ed essere presenti sul posto. La Svizzera ha avuto un ruolo importante anche in questo trasferimento tecnologico fornendo risorse finanziarie per l’acquisto delle attrezzature. A seguito degli uragani Eta e Iota, è stata al nostro fianco sia durante la crisi che nella ripresa. Quando c’è una situazione di emergenza, è importante avere dei partner che comprendano gli sforzi compiuti a livello nazionale e li sostengano nel modo più efficace possibile. Il supporto della Svizzera nel campo della gestione del rischio è stato fornito attraverso il Centro di coordinamento per la prevenzione dei disastri in America centrale e nella Repubblica dominicana (Cepredenac). L’America centrale è una delle regioni più vulnerabili del mondo, ma è anche una delle meglio organizzate per affrontare le emergenze.

Data la vulnerabilità del Nicaragua di fronte ai fenomeni naturali, è stato creato un sistema nazionale in cui le cittadine e i cittadini svolgono un ruolo estremamente importante: sono informati, consapevoli dei rischi e preparati ad agire in situazioni di crisi. Sono quasi dieci anni che facciamo simulazioni, esercitazioni nazionali e anche un’esercitazione regionale, in cui tutta la popolazione è coinvolta per attuare i piani di risposta. Ciò ha evitato la perdita di vite umane in un’area in cui si sono abbattuti due uragani di categoria 5 in meno di 15 giorni. In tutti questi anni, la cooperazione svizzera ha compreso l’importanza delle politiche del Governo e ne ha sostenuto gli sforzi. La sua eredità sta proprio nell’averci lasciato la sensazione di essere un partner alla pari, costruendo un sistema nazionale che oggi è molto importante per il Paese».
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Per migliorare la sicurezza alimentare della popolazione cubana, il programma di innovazione agricola locale (Programa de innovación agrícola local, PIAL) ha incentivato le capacità locali al fine di gestire i problemi nelle catene agroalimentari in 75 Comuni, contribuendo così ad aumentare la disponibilità di generi alimentari. Di conseguenza, nel Paese si è istituzionalizzato e diffuso il cosiddetto sistema di innovazione agricola e zootecnica locale (Sistema de Innovación Agropecuaria Local, SIAL), che disponeva di spazi e meccanismi volti a incentivare la partecipazione di agricoltori, autorità e altri attori locali per incrementare la produzione agroalimentare sul territorio.
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Il progetto di rafforzamento delle capacità comunali per lo sviluppo locale (proyecto Fortalecimiento de las Capacidades Municipales para el Desarrollo Local, PRODEL) ha contribuito a consolidare le competenze delle amministrazioni pubbliche locali e della società civile per gestire strategie e progetti di sviluppo sul posto il cui scopo è influire sulla qualità della vita delle persone, in particolare quelle appartenenti a gruppi socialmente svantaggiati.
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L’appoggio alla cooperazione tra i settori agricolo e zootecnico (Apoyo a la intercooperación agropecuaria, APOCOOP) ha promosso la gestione cooperativa in questo ambito tramite la creazione di organizzazioni non statali (cooperative di secondo grado) che fornivano servizi e prodotti per migliorare la produttività di piccoli produttori e cooperative nei campi dell’agricoltura e dell’allevamento. Il progetto – guidato dall’associazione nazionale dei piccoli agricoltori (Asociación Nacional de Agricultores Pequeños, ANAP) con il sostegno dell’OXFAM e della DSC – sosteneva la creazione di capacità e condizioni per conseguire, a medio termine, forme più elevate di gestione cooperativa in questo settore. Presente in 17 comuni e 102 cooperative delle provincie di Guantánamo, Las Tunas, Sancti Spíritus e Artemisa, ha contribuito alla sicurezza alimentare grazie alla collaborazione tra vari attori e le cooperative agricole e zootecniche.
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Il progetto di sviluppo delle catene agroalimentari a livello locale (Desarrollo de cadenas agroalimentarias a nivel local, AGROCADENAS) ha concorso alla sicurezza alimentare tramite l’aumento della produzione locale e il miglioramento dei processi di trasformazione e commercializzazione.   Scopo del progetto era rafforzare la gestione e il funzionamento delle catene agroalimentari a livello locale in linea con le strategie di sviluppo globali dei Comuni selezionati. Sono state anche perfezionate le capacità dei produttori e delle cooperative con l’intento di integrarle in modo più efficace e sostenibile nelle catene pertinenti.
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Tramite la piattaforma «PEGIN – equidad de Género en Cuba», dedicata alla parità di genere nel Paese, la DSC puntava a diminuire le disuguaglianze e a creare pari opportunità per donne e uomini, come requisito chiave per uno sviluppo equo. L’intento della piattaforma era influire sulle politiche nazionali per promuovere processi politici e sociali a favore della parità di genere e per evitare che le riforme in corso non creassero nuove discriminazioni. Il progetto ha inoltre contribuito a incorporare i principi della parità di genere nell’intero programma della DSC.
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La rete iberoamericana e africana sulla mascolinità (Red Iberoamericana y Africana de Masculinidades, RIAM), creata nel 2007, è un progetto che affronta problematiche come la violenza di genere, gli stereotipi legati alla mascolinità a Cuba, il ruolo dei mezzi di comunicazione nel diffondere pregiudizi e falsi miti, i nuovi modi di essere uomo, l’eterogeneità delle famiglie, la paternità, la religiosità, l’occupazione, la prostituzione maschile e l’omofobia. Tramite l’attivismo e l’organizzazione di vari interventi, la rete intende sensibilizzare e coinvolgere sempre più persone nella lotta alla violenza di genere, diffondere una cultura di pace tra la popolazione maschile e analizzare altre tematiche come le varie sfaccettature della mascolinità, l’omofobia e il razzismo.
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Il programma «Agua y Saneamiento (Aguasan)», svoltosi negli anni 1982-2008 e 2013-2017, è andato a beneficio di oltre 285’000 persone in tutta la regione. Tra queste, 70’000 bambine e bambini hanno potuto studiare in condizioni migliori grazie al sostegno della cooperazione svizzera e di partner strategici come i governi locali e nazionali, CARE, Save the Children e Global Communities. Il progetto «Escuela Azul» di Río Blanco, Matagalpa, è un esempio di questa esperienza.
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La piattaforma di sostegno alla parità e alla partecipazione locale (Plataforma de apoyo a la Equidad y Participación local, PyE), di cui fanno parte 15 organizzazioni della società civile e dello Stato, è stata fondata nel 2012 e dal 2019 gode del sostegno della DSC. Offre opportunità a gruppi vulnerabili affinché possano partecipare alla gestione dello sviluppo locale. Poiché tiene conto di variabili quali il reddito, l’etnia, il genere, l’orientamento sessuale, l’età e la presenza di disabilità, il progetto ha contribuito a ridurre i divari a livello di equità sociale in 12 Comuni cubani. Circa 200’000 persone appartenenti a gruppi vulnerabili e svantaggiati traggono benefici diretti dal progetto, mentre a goderne indirettamente sono 750’000 persone. 2800 impiegati delle amministrazioni comunali sono stati formati nel campo della gestione locale. Grazie alla piattaforma, con il referendum del 25 settembre 2022 è stata votata una nuova legge sul codice di famiglia (Ley Código de Familia) che riconosce il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la maternità surrogata, definita gestazione solidale nel testo della normativa. Nella legge vengono contemplate anche questioni come la violenza di genere, per la quale sono previste pene concrete.

Nueva Constitución de Cuba
El reconocimiento público del proceso de la descentralización y el desarrollo local culmina en su integración en la nueva Constitución del Estado, votado mayormente por la población en el Referéndum de 2019.



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Da molti anni la cooperazione svizzera allo sviluppo è impegnata nel settore idrico e igienico-sanitario in Nicaragua e in America centrale. Negli ultimi 20 anni l’attenzione si è concentrata sul miglioramento dell’approvvigionamento idrico e dei servizi igienico-sanitari come pure sul rafforzamento della prevenzione delle catastrofi legate ai cambiamenti climatici.

Le relative attività sono state svolte in condizioni difficili. La regione è alle prese con problemi di accesso all’acqua e carenze nelle infrastrutture idriche. Anche i conflitti per l’utilizzo dell’acqua rappresentano un problema urgente.
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Ana Carolina Peralta è entrata a far parte della DSC tra il 1996 e il 1997 come giovane segretaria. Dal 2006 ha lavorato come amministratrice degli uffici dell’Aiuto umanitario e dal 2008, in occasione della reintegrazione con gli uffici di coordinamento, ha assunto il ruolo di assistente di programma.

Lavorare in un ufficio di cooperazione permette di conoscere vari aspetti di un Paese. Ecco perché ad Ana Carolina Peralta piace visitare i progetti. All’inizio della sua carriera un’esperienza l’ha segnata in particolare: «Nell’ambito del progetto POSTCOSECHA (promozione di silos metallici per ridurre la perdita di raccolto) siamo stati in una zona molto remota e siamo entrati nella casa di una famiglia. Ci siamo resi conto che erano poveri, ma ci hanno offerto il poco cibo che avevano per ringraziarci del nostro sostegno. Questo gesto da parte di una famiglia molto umile è stato una grande lezione per me». Ana Carolina Peralta apprezza gli obiettivi e i valori della DSC: la lotta alla povertà, la solidarietà e l’integrità, che è un elemento chiave per la sua posizione di amministratrice. La solidarietà della popolazione svizzera si è manifestata nelle varie crisi che hanno colpito il Paese. Ma l’aspetto che più sottolinea Ana Carolina Peralta è la neutralità della Svizzera, che tuttavia a volte è oggetto di critiche. Secondo lei, questa posizione è molto importante per poter continuare a fornire aiuti nei momenti difficili. «Se non fosse per la neutralità, la DSC non sarebbe più presente in questi Paesi», afferma. «Nei 40 anni di presenza nella regione, la DSC è stata molto attenta a gestire le relazioni con i governi, anche quando si sono presentati numerosi ostacoli». Per Ana Carolina Peralta, i maggiori successi della DSC si possono vedere nella riduzione della povertà, che può assumere diverse forme, tra cui la mancanza di acqua e di cibo, e la sensazione di non essere al sicuro. In tutti questi ambiti la DSC ha ottenuto buoni risultati. Anche il lavoro sul buongoverno, sui diritti umani e sul prosieguo degli aiuti umanitari è prezioso. Ana Carolina Peralta attribuisce grande valore al coinvolgimento dei giovani nei progetti della DSC. «Sono molto critici e indipendenti, ma possono anche essere agenti del cambiamento. Meritano di essere sostenuti». La rende triste pensare che la DSC si prepari a lasciare il Paese, ma ora si sente più forte grazie a tutte le esperienze acquisite e ai risultati raggiunti. «Adesso bisogna concentrarsi sul trasferimento delle conoscenze», afferma. I suoi progetti per il futuro sono legati alla sua professione di amministratrice aziendale. Se il contesto lo permette, vorrebbe avviare un’attività: «Vorrei aprire un ristorante semplice, dove poter offrire pietanze gustose a prezzi accessibili, e avere un piccolo angolo svizzero, un dipinto o uno scaffale con ricordi legati alla Svizzera, a casa mia o nella mia piccola attività commerciale».
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La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) mette fine alla cooperazione bilaterale allo sviluppo in Nicaragua. Cosa significa concretamente?
In linea di principio, un phasing out dovrebbe essere graduale. Inoltre, dovrebbe essere comunicato per tempo e in modo trasparente. Abbiamo prestato particolare importanza a una gestione attenta dei nostri collaboratori e collaboratrici locali, sostenendoli con coaching e formazioni continue rivolti al futuro. La difficile situazione politica in Nicaragua ci costringe a chiudere prima del previsto l’Ufficio di cooperazione della DSC. Per questo motivo, diamo priorità ai processi e li acceleriamo per garantire un regolare completamento dei progetti.

Dopo 45 anni di presenza in Nicaragua, qual è la più grande eredità della DSC?
Il nostro contributo è stato soprattutto di tipo pratico e incentrato sulle esigenze dei gruppi della popolazione più svantaggiati. Siamo riusciti ad apportare cambiamenti positivi su vari piani. A livello individuale, i giovani hanno sviluppato una maggiore fiducia in sé stessi e hanno avuto accesso al mercato del lavoro. Il miglioramento dei metodi di coltivazione e lo stoccaggio sicuro del raccolto hanno consentito alle famiglie delle regioni rurali di generare un reddito più elevato. Diversi Comuni hanno beneficiato di infrastrutture migliori, per esempio nell’ambito di una gestione idrica integrata. Infine, a livello istituzionale abbiamo contribuito allo sviluppo della prevenzione nazionale delle catastrofi e alla creazione di un apposito centro di formazione.

Cosa abbiamo imparato?
Il nostro impegno a lungo termine e i rapporti di fiducia che abbiamo instaurato sono stati fondamentali per ottenere risultati duraturi. Tuttavia, dobbiamo anche riconoscere che spesso ci siamo posti obiettivi troppo ambiziosi, in particolare nell’ambito dello Stato di diritto e della democrazia.

Come vede l’impegno della DSC nella regione tra dieci anni?
La situazione politica nella regione rimarrà probabilmente mutevole, con una maggiore tendenza all’instaurazione di regimi autoritari. Dobbiamo mantenere il dialogo politico, ossia garantire un canale diplomatico con i rispettivi governi. Dove possibile, si dovrebbe ricorrere anche ad altri strumenti di politica estera della Svizzera, per esempio nel settore della coltivazione e della lavorazione del cacao in collaborazione con la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR) o nel campo della lotta alla corruzione e dei diritti umani con la Divisione Pace e diritti umani (DPDU) del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Sarebbe inoltre opportuno mantenere una presenza umanitaria nella regione, visto l’aumento del rischio di catastrofi naturali in America centrale e alla luce del fatto che questa parte del mondo è considerata una zona di origine e di transito della migrazione irregolare verso gli Stati Uniti. In questo modo, le nostre esperienze e conoscenze consolidate in materia di prevenzione delle catastrofi, di interventi di aiuto di emergenza (Rapid Response) e di migrazione e protezione potranno continuare ad andare a beneficio della popolazione.  
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Il sostegno alle micro e alle piccole imprese in Honduras, Nicaragua ed El Salvador è stato fondamentale per promuovere uno sviluppo economico locale e inclusivo. Con un approccio basato sulle catene di valore, la cooperazione svizzera e l’organizzazione partner Swisscontact hanno fornito aiuto a quasi 17’000 piccole imprese, che hanno a loro volta creato più di 15’000 posti di lavoro.
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I progetti svizzeri hanno portato a un aumento dei redditi e dell’occupazione maschile e femminile nelle aree rurali e urbane più svantaggiate migliorando la competitività delle micro e piccole imprese nelle catene di valore, un fatto che ha contribuito anche alla loro sostenibilità. Una delle strategie adottate prevedeva la diffusione di buone pratiche nell’industria agroalimentare, come l’applicazione di standard normativi, sanitari e qualitativi tali da permettere a queste imprese di entrare in possesso delle licenze sanitarie e di registrazione necessarie per la vendita formale e le esportazioni.
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La Svizzera ha inoltre sostenuto la fornitura di consulenze ad hoc per aiutare le piccole aziende ad accedere a nuovi mercati.

La società produttrice di ciambelle Delicias del Norte, con sede a Somoto, in Nicaragua, è una dei beneficiari. La sua proprietaria, Flora Ortiz, ricorda: «Ho smesso di lavorare come infermiera perché sono andata in pensione anticipatamente a causa di una ferita subita in guerra. La rendita pensionistica era molto bassa e con un figlio a carico non era sufficiente. È stato allora che ho deciso di dedicarmi alla produzione di ciambelle, un’attività che facevo in passato con mia madre».

«Nel 2006 la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) è arrivata a Somoto con un progetto sviluppato da Swisscontact, ed è stata per noi come manna dal cielo. Avevo una buona visione, avevo un progetto di ciambelle, ma non ero preparata come avrei voluto. Volevo una confezione personalizzata e tutto il necessario per essere sul mercato formale. Ho ricevuto il sostegno di cui avevo bisogno. Oggi nella mia azienda lavorano 17 persone. Esporto i miei prodotti negli Stati Uniti, più precisamente a Los Angeles, e in Costa Rica. Ho anche ricevuto premi per diversi motivi: qualità, innovazione, ambiente, organizzazione, leadership. Sono tutti correlati e sono fiera di ciascuno di essi».
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Con il messaggio del Consiglio federale del 15 febbraio 2012 concernente la cooperazione internazionale 2013–2016, Cuba è diventata un Paese prioritario della cooperazione svizzera. Da quel momento, l’isola caraibica ha iniziato a sviluppare numerosi progetti di lunga durata nel campo dello sviluppo locale e ha avuto a disposizione un budget annuale che è passato da 3 milioni CHF nel 2011 a 12 milioni CHF nel 2020. La strategia è arrivata a includere in modo progressivo tre sottoaree: il buongoverno locale, l’agricoltura e lo sviluppo economico locale, oltre al tema trasversale della parità.
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La Svizzera aiuta lo Stato e le comunità a migliorare i servizi di base nelle zone rurali (infrastrutture, formazione continua) sostenendo così la politica di decentralizzazione del Governo haitiano. In collaborazione con la popolazione, per esempio, vengono ampliati gli impianti di fornitura di acqua potabile e quelli sanitari, con un conseguente miglioramento delle condizioni di salute – in particolare di donne e bambini – e una prevenzione più efficace della diffusione di epidemie (p. es. il colera). La Svizzera si batte inoltre affinché le donne e le fasce svantaggiate della popolazione possano far sentire la propria voce nei processi decisionali e siano coinvolte nelle pianificazioni locali. Tra il 2014 e il 2017 più di 25’000 persone hanno avuto accesso ad acqua potabile pulita grazie a sistemi il cui funzionamento e la manutenzione competono ora a 30 comitati locali (composti in media per il 45% da donne). La Svizzera aiuta anche le comunità ad effettuare l’analisi dei rischi e ad attuare misure di protezione contro i pericoli naturali, tra cui rientra la ricostruzione di edifici ad uso abitativo e di alloggi di emergenza comunitari sicuri.

La Svizzera contribuisce poi a formare personale specializzato con l’intento di migliorarne le competenze pratiche e si impegna per far conoscere alla popolazione semplici tecniche per costruire edifici antisismici e in grado di resistere ai cicloni. Tra il 2014 e il 2017 sono state edificate 12 scuole e sono stati formati 1000 muratori.
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Nel 2019 più di sei milioni di Haitiane e Haitiani vivevano in condizioni di povertà e dovevano sopravvivere con meno di dieci dollari al giorno. Dal novembre del 2019 la Svizzera ha sostenuto oltre 30’000 famiglie particolarmente vulnerabili. Attraverso il programma di sostegno alla promozione e alla protezione sociali («Programme de Promotion et de Protection Sociales», PROMES), la DSC ha cercato di collegare meglio l’aiuto umanitario e gli strumenti di sicurezza sociale. Le giovani madri nubili sono state al centro del progetto. Per esempio, una donna che ha perso tutto ma che sa mungere una capra ha potuto, con un sostegno esiguo e una formazione minima, creare una nuova fonte di reddito grazie alla vendita del latte.

La DSC ha collaborato con il Programma alimentare mondiale (PAM) e l’ONG Fonkoze che, tra le altre cose, ha sviluppato un indice di vulnerabilità nazionale che servirà da base per assegnare i contributi dell’aiuto sociale statale. Il personale dell’ONG è andato di porta in porta e ha condotto colloqui per valutare la situazione delle persone e i bisogni più urgenti. Il PAM ha sostenuto il Ministero degli affari sociali e del lavoro nella creazione di una piattaforma digitale che rileverà gli indicatori sociali del Paese.
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capitolo 2 1962-1983

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capitolo 4 2002-2010

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capitolo 8 Paesi

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