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«Non saremmo esseri umani se fossimo rimasti con le mani in mano», dichiara Arthur Bill, primo delegato per l’aiuto umanitario, nel giugno del 1973.

Da mezzo secolo il Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA) è lo strumento con cui la Svizzera esprime la propria solidarietà nelle situazioni di emergenza all’estero. Da 50 anni mette in atto il mandato universale che gli è stato conferito: salvare vite e alleviare la sofferenza. Scoprite come il CSA si è evoluto per restare al passo coi tempi.
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1973–1982

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1983–1992

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1993–2002

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2003–2012

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2013–2023

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L’istituzione di un corpo di aiuto in caso di catastrofe è a lungo oggetto di discussioni in ambito pubblico e politico. Il Consiglio federale sottopone all’Assemblea federale, un rapporto sulla creazione di tale organizzazione e il 1° settembre del 1972 Arthur Bill assume la carica di delegato del corpo di volontari per l’aiuto in caso di catastrofe. Dopo un periodo di preparazione e pianificazione, nel maggio del 1973 inizia il reclutamento di personale volontario. L’interesse è grande: si presentano 4000 persone e circa 1000 vengono selezionate (86% uomini, 14% donne, 82% germanofoni, 12% francofoni, 6% italofoni). Il maggio del 1973 è pertanto considerato il mese di fondazione del Corpo svizzero di aiuto in caso di catastrofe (ASC). Dal 2001 conosciuto come il Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA).
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Nel contesto della siccità nel Sahel, una trentina di membri del CSA prende parte a un intervento su vasta scala su un territorio grande quanto la Svizzera. Personale medico, logistico e di altro tipo si prende cura, in 24 centri, dei bambini piccoli malnutriti salvando loro la vita, il tutto con temperature che anche di notte non scendono sotto i 40°C.
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Negli anni 1990 i conflitti sono il fattore scatenante che rende necessarie iniziative internazionali volte a porre fine alle ostilità, a negoziare accordi di pace e a creare un apposito quadro normativo. Le crisi in Ruanda e in Bosnia e Erzegovina, per esempio, sono all’origine di nuove norme in questo campo, dell’istituzione della Corte penale internazionale e di un maggiore impegno da parte della comunità internazionale nei contesti caratterizzati da particolare fragilità.
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In collaborazione con l’OCHA e altri Stati e organizzazioni, la Svizzera contribuisce all’emanazione delle Guidelines On The Use of Military and Civil Defence Assets To Support United Nations Humanitarian Activities in Complex Emergencies (MCDA Guidelines). Il documento contiene una serie di direttive per l’impiego di mezzi internazionali militari e di protezione della popolazione. Si tratta di mettere a disposizione personale, equipaggiamento, beni e servizi a sostegno dell’ONU nell’adempimento delle sue missioni umanitarie nell’ambito di conflitti e in altre situazioni d’emergenza complesse. La Svizzera contribuisce da diversi anni alla diffusione e all’attuazione delle direttive a livello regionale, nazionale e globale.
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Individuata nel marzo del 2014 nel Sud-Est della Guinea e diffusasi poi in Sierra Leone e Liberia, l’epidemia di ebola è di una gravità maggiore rispetto a tutti gli altri casi di propagazione del virus registrati fino a quel momento in Africa. I membri del CSA vengono impiegati per dare man forte all’ufficio umanitario della DSC in Liberia e operano in tre settori: fornitura di cure mediche e misure di prevenzione per arginare l’epidemia, consolidamento dei sistemi sanitari nei Paesi interessati e attenuazione delle conseguenze socio-economiche dell’epidemia. Queste tre priorità erano state precedentemente individuate da una missione congiunta del CSA e dell’Ospedale universitario di Ginevra (HUG) in Liberia. Inoltre, l’Aiuto umanitario invia 30 tonnellate di materiale protettivo e sostiene con un finanziamento di 32 milioni di franchi gli sforzi della comunità internazionale per contrastare l’epidemia di ebola.
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Nell’aprile del 1973 l’allora delegato Arthur Bill stringe partenariati con la Croce Rossa Svizzera e il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR). Queste organizzazioni possono fare appello ai membri del CSA per avere sostegno durante le loro operazioni. Si tengono anche formazioni congiunte, soprattutto in campo medico. Collaborazioni simili vengono avviate in seguito con organizzazioni umanitarie svizzere, come la Caritas e l’HEKS. Viene inoltre formalizzato un accordo con il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) per l’utilizzo di mezzi di trasporto e altre attrezzature militari durante le missioni umanitarie.
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La siccità e la guerra civile spingono oltre un milione di persone a lasciare l’Etiopia e il Ciad per rifugiarsi in Sudan. I 63 membri del CSA costruiscono, tra le altre cose, un campo profughi per 20.000 persone, un ponte sospeso pedonale e una funivia per il trasporto.
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Le vittime del genocidio in Ruanda si situano tra il mezzo milione e un milione. In Ruanda e nei Paesi limitrofi, dove si segnalano grosse concentrazioni di profughi, i membri del CSA prestano in un primo momento aiuti d’emergenza (cure mediche, cibo, campi profughi). Seguono poi le misure di ricostruzione, soprattutto nei settori della sanità (formazione di personale medico), delle costruzioni (infrastrutture, edificazione di abitazioni) e dell’agricoltura (progetti in materia di sementi). In occasione del ritorno in massa di oltre un milione di profughi, alla fine del 1996, vengono forniti nuovamente aiuti urgenti e nel corso del 1997 viene avviata una seconda fase di ricostruzione. Fra il 1994 e l’inizio del 1998 i membri del CSA impegnati nella regione sono ben 181.
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Il 26 dicembre 2004 un sisma di magnitudo 9,3 provoca un forte tsunami nel golfo del Bengala. Intere città vengono distrutte, dall’Indonesia alla Somalia, e in totale 13 Paesi sono colpiti. Il bilancio di questa catastrofe è di oltre 225 000 vittime e milioni di sfollati. L’Aiuto umanitario invia 48 membri del CSA in Sri Lanka, Indonesia e Thailandia. Il loro intervento assicura l’allestimento di ripari temporanei e di sistemi provvisori per la distribuzione di acqua potabile, l’assistenza medica e la fornitura di farmaci così come la gestione della logistica umanitaria per la distribuzione degli aiuti.   Nella primavera del 2005, l’Aiuto umanitario avvia una seconda fase per il ripristino e la ricostruzione delle infrastrutture, tra cui il grande impianto per la depurazione delle acque della città di Banda Aceh, in Indonesia. In collaborazione con le autorità nazionali e locali, rende nuovamente accessibili numerose scuole e insediamenti in Sri Lanka, Indonesia e Thailandia, operando in questi Paesi fino al 2007. Nel quadro delle operazioni di aiuto d’emergenza e dei programmi di ricostruzione, la Svizzera stanzia un totale di 35 milioni di franchi.
Im Frühling 2005 begann die zweite Hilfsphase der Humanitären Hilfe mit der Sanierung und dem Wiederaufbau von Infrastrukturen wie der grossen Trinkwasseraufbereitungsanlage im indonesischen Banda Aceh. In Abstimmung mit nationalen und lokalen Behörden wurden bis 2007 zahlreiche Schulen und Wohnhäuser in Sri Lanka, Indonesien und Thailand instandgesetzt. Die Schweiz wendete insgesamt 35 Millionen Franken für Nothilfe- und Wiederaufbauprogramme auf.

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Il 25 aprile 2015, un terremoto di magnitudo 7,8 sulla scala Richter colpisce il Nepal, con forti scosse di assestamento. L’epicentro si situa a 80 chilometri a nord-ovest di Kathmandu. Più di 70 specialiste e specialisti del CSA vengono dispiegati durante la fase di emergenza. L’Aiuto umanitario consegna oltre 200 tonnellate di beni di prima necessità per più di 40 000 famiglie in sette distretti. Il CSA distribuisce 50 apparecchi per la produzione di cloro che consentono di rendere l’acqua potabile e ridurre così il rischio di malattie. L’unità «Mother and Child» del CSA si installa nell’ospedale regionale della città di Gorkha dove segue oltre 3000 pazienti nell’arco di un mese. In un secondo momento, la DSC sostiene le attività di ricostruzione a medio e lungo termine stanziando 25 milioni di franchi.
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Nell’autunno del 1974, dopo due anni di preparativi, il Corpo è confrontato per la prima volta con un’emergenza reale. Nel quadro di un grande intervento volto ad assistere la popolazione nella regione del Lago Ciad, colpita da una catastrofica siccità, vengono impiegati 99 volontari e volontarie da tutti i gruppi tecnici con materiale, veicoli e due piccoli aerei. Oltre a rendere operativo un traghetto fluviale, il personale volontario mette in piedi cinque magazzini e tre ambulatori e distribuisce alcune tonnellate di derrate alimentari e farmaci. L’intervento si protrae fino alla fine di febbraio del 1975.
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Un terremoto di magnitudo 7,0 provoca la morte di 25 000 persone in Armenia. Durante un intervento della durata di quattro giorni, la Catena svizzera di salvataggio, con un dispiego di 37 persone e 20 cani, salva 25 vite a Spitak. Il capo intervento è Charles Raedersdorf, che solo un mese prima aveva assunto la carica di delegato. In seguito all’intervento della Catena svizzera di salvataggio vengono realizzati un ospedale d’emergenza e alloggi d’emergenza del CSA. Nella fase di ricostruzione la Svizzera costruisce 167 abitazioni.
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Nella regione degli altopiani meridionali in prossimità di Huambo, 20 membri del CSA si occupano fra l’altro del ripristino di 140 chilometri di strade e di diversi ponti distrutti dalla guerra. Vengono inoltre edificate scuole e il personale locale viene formato nella costruzione di ponti.
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In Sudan gli abitanti della regione del Darfur sono colpiti da una grave crisi umanitaria. Circa 800 000 persone, ovvero la metà della popolazione del Darfur, sono costrette a fuggire a causa di atti di violenza e molte si rifugiano in Ciad. L’Aiuto umanitario mette a disposizione delle agenzie dell’ONU una dozzina di specialiste e specialisti del CSA, in particolare per il Programma alimentare mondiale (PAM). Alla fine di agosto del 2004, quest’ultimo riesce a creare un corridoio umanitario attraverso la Libia per consegnare provviste ai profughi provenienti dal Darfur in un campo situato nella parte orientale del Ciad. Questi convogli trasportano anche un carico di 450 tonnellate di cereali finanziato grazie ai contributi della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) a favore del PAM. Nel 2004 la Svizzera stanzia più di 16 milioni di franchi per assistere gli sfollati all’interno della regione del Darfur e i profughi sudanesi in Ciad.
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Adottato nel marzo 2015, il quadro di riferimento di Sendai per la riduzione del rischio di disastri definisce le priorità della comunità internazionale in materia di prevenzione delle catastrofi per il periodo 2015–2030. La Svizzera ospita il processo di organizzazione della conferenza a Ginevra e anche alcuni membri del CSA partecipano alle discussioni e ai negoziati, che durano nove mesi. La Svizzera si impegna anche affinché i Paesi più esposti a disastri naturali e alle conseguenze dei cambiamenti climatici possano far sentire la propria voce durante i dibattiti. In questa occasione ribadisce la necessità di integrare ulteriormente la prevenzione delle catastrofi nei processi di sviluppo e di coinvolgere in misura maggiore il settore privato.
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In seguito a un forte sisma nell’altopiano dell’Anatolia orientale, 28 volontarie e volontari edificano, con l’aiuto della popolazione locale e nel giro di sole quattro settimane, ben 50 case sul territorio di un piccolo villaggio contadino completamente distrutto. Nella fase di ricostruzione risanano inoltre alcune stalle, una scuola, una moschea, un locale d’incontro, un ponte e l’impianto di distribuzione dell’acqua.
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Il violento terremoto che nel 1988 colpisce Spitak, in Armenia, mostra che il coordinamento internazionale dell’aiuto di emergenza deve essere migliorato.

La Svizzera propone inizialmente una collaborazione con la Germania e l’Austria, che nel 1990 porta alla sottoscrizione di un accordo e nel 1991 alla fondazione del Gruppo consultivo internazionale di ricerca e di salvataggio (INSARAG). L’obiettivo di quest’ultimo è fissare standard internazionali e regole comuni per la cooperazione internazionale con l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), come anche definire linee guida per la formazione e l’equipaggiamento in dotazione alle squadre di soccorso.

La Svizzera dispone già di una certa esperienza nei programmi di «capacity building» e negli anni successivi alla creazione dell’INSARAG l’Aiuto umanitario affianca svariati Paesi nella costituzione di squadre di soccorso locali. La Cina, ad esempio, ha beneficiato di un supporto consultivo per dieci anni, fino a quando non ha ottenuto la classificazione INSARAG "Heavy Team".
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In relazione all’allestimento di campi profughi in Albania, durante la guerra del Kosovo, l’Aiuto umanitario della Svizzera propone di introdurre un programma «cash for shelter». Nei programmi incentrati sugli alloggi (Shelter), i partecipanti al progetto ricevono denaro contante per trasferirsi in un alloggio in affitto, acquistare materiale per la costruzione di un alloggio o pagare la manodopera, la consulenza tecnica o altri servizi. Nonostante le preoccupazioni iniziali espresse nei confronti del programma da parte dell’ONU e delle organizzazioni umanitarie svizzere in merito alla corruzione, una volta presentata la domanda viene concesso un credito aggiuntivo di 10 milioni di franchi. È così che l’approccio «cash for shelter» fa ufficialmente la sua comparsa a livello internazionale.
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L’Aiuto umanitario si mobilita a seguito di un violento terremoto in Pakistan che l’8 ottobre 2005 provoca la morte di oltre 80 000 persone e il ferimento di altre 70 000. Più di 300 tonnellate di materiale vengono distribuite e 45 membri del CSA restano nel Paese fino alla fine del 2005. L’arrivo dell’inverno non fa che aggravare la crisi umanitaria. Inizia pertanto una vera e propria corsa contro il tempo per consegnare beni di prima necessità nelle zone colpite prima che le strade di accesso diventino impraticabili.

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L’obiettivo del primo Vertice umanitario mondiale, organizzato a Istanbul, è promuovere la consapevolezza in merito all’entità dei bisogni umanitari, spesso dovuti a conflitti e a una mancanza di sviluppo, proponendo al contempo soluzioni politiche alle crisi. La Svizzera annuncia un impegno più significativo negli ambiti della mediazione e della prevenzione. In quest’ottica esorta gli Stati a rispettare il diritto internazionale umanitario e si adopera affinché le persone in difficoltà possano non solo ricevere aiuti d’emergenza, ma anche beneficiare di prospettive per il futuro. La Svizzera co-organizza inoltre un evento per migliorare la protezione delle persone costrette a fuggire in altri paesi a causa di catastrofi naturali o delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Infine, si schiera a favore di una maggiore partecipazione degli attori locali nella risposta alle emergenze umanitarie.
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Subito dopo il devastante terremoto nell’Italia settentrionale, la Svizzera dispiega 33 membri del Corpo per fornire aiuto d’emergenza e adottare misure di ricostruzione. Per migliorare l’assistenza medica e l’approvvigionamento idrico vengono impiegati due elicotteri militari (21 missioni di volo con 200 atterraggi). Le operazioni di ricostruzione prima dell’arrivo dell’inverno prevedono l’edificazione di 50 baracche e la messa a disposizione di 120 roulotte per gli sfollati. Vengono inviate anche macchinari edili d’occasione. Nell’ambito dell’aiuto diretto, in quattro comuni vengono costruite abitazioni per un totale di 66 appartamenti, stalle e diversi alloggi per le persone anziane.
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Con il collasso dell’Unione sovietica vengono meno strutture sociali fondamentali. Per ovviare alle carenze di generi alimentari negli ospedali e nelle case di cura di Mosca e Leningrado (oggi San Pietroburgo), dieci membri del CSA trasportano a bordo di autocarri oltre 70 tonnellate di latte in polvere e alimenti per bambini. Anche in Bulgaria si occupano della distribuzione di latte in polvere e medicinali.
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La Svizzera e l'ONU (OCHA) ospitano una conferenza per rafforzare l'efficacia degli aiuti umanitari. 52 Stati e diverse organizzazioni internazionali, nonché organizzazioni non governative, si riuniscono a Friburgo dal 15 al 16 giugno 2000 per definire un piano d'azione. Il piano mira a migliorare il coordinamento tra tutti gli attori, a combattere gli ostacoli all'invio di attrezzature e personale umanitario, a promuovere l'assistenza reciproca tra i paesi vicini attraverso accordi bilaterali e multilaterali e a rafforzare le istituzioni civili e le agenzie nazionali di gestione delle crisi. Anche la necessità di proteggere le popolazioni civili è al centro delle discussioni.
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Nel luglio del 2006, una quarantina di specialiste e specialisti del CSA interviene in Libano a seguito delle crescenti ostilità tra Israele e Hezbollah, coordinando il rimpatrio di 921 cittadine e cittadini svizzeri. Soprattutto grazie alla mediazione del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), il CSA fornisce inoltre aiuti d’emergenza agli sfollati nella regione di Beirut. Nel settembre del 2006, poco dopo il cessate il fuoco, la Svizzera concede un credito aggiuntivo di 20 milioni di franchi per le persone toccate dal conflitto in Medio Oriente. In Libano ciò consente di ricostruire scuole e sostenere i profughi palestinesi. La Svizzera partecipa anche all’eliminazione di munizioni inesplose dovute al lancio di bombe a frammentazione da parte dell’esercito israeliano. Nel Territorio palestinese occupato, il credito aggiuntivo serve a consolidare i programmi dei partner della Svizzera e a sostenere l’operato della Mezzaluna Rossa palestinese.
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Nell’agosto del 2017, quasi un milione di Rohingya si rifugiano in Bangladesh per sfuggire alla violenza di cui sono vittime nello Stato di Rakhine, nell’Ovest del Myanmar. Queste persone, tra cui molte donne e bambini, vivono in condizioni di estrema precarietà e si ritrovano in campi profughi sovraffollati della regione di Cox’s Bazar, nel Sud-Est del Bangladesh. Sul posto i membri del CSA sostengono l’ONG Solidarités International scavando pozzi, installando pompe a mano e ripristinando una decina di punti di approvvigionamento idrico nei campi. Installano inoltre latrine d’emergenza per evitare le malattie dissenteriche e distribuiscono sapone e assorbenti igienici. Il CSA fornisce letti, comodini e aste mediche portaflebo all’ospedale principale di Cox’s Bazar. In collaborazione con tre ospedali viene inoltre creata una banca del sangue per colmare le lacune in termini di donazioni e trasfusioni. Successivamente, i membri del CSA si occupano anche della gestione dei rifiuti e delle acque reflue.
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Un terremoto in una zona densamente popolata del Guatemala provoca la morte di 24 000 persone, centinaia di migliaia di sfollati e la distruzione di 250 000 case. Circa 40 specialiste e specialisti del Corpo costruiscono 2300 abitazioni, applicando il più possibile le norme antisismiche, e 24 centri comunitari. Il principio «build back better» viene integrato nei progetti di ricostruzione, una prima assoluta nell’aiuto in caso di catastrofi a livello internazionale. La Svizzera funge così da guida per altre organizzazioni che seguiranno il suo esempio.

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Per sfuggire alla Guerra del Golfo, centinaia di migliaia di curdi iracheni si rifugiano nelle regioni montuose della Turchia. I 20 membri del CSA prestano aiuti d’emergenza garantendo protezione dalle intemperie, provviste e, soprattutto, cure mediche. Consegnano inoltre diversi carichi di beni di prima necessità.
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Nel 2001, con uno dei suoi primi atti ufficiali in veste di nuovo delegato, Toni Frisch rinomina l’organizzazione: il Corpo svizzero di aiuto in caso di catastrofe (ASC) viene ribattezzato Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA).
Al contempo Toni Frisch predispone la creazione delle squadre di pronto intervento (SET) quale alternativa alla Catena svizzera di salvataggio, da cui si differenziano notevolmente. L’idea alla base di questa novità è formare squadre piccole e flessibili, composte da sei o più specialiste e specialisti, che in situazioni di emergenza possano mettere rapidamente a frutto le proprie competenze sul posto.
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Il 12 gennaio 2010 un sisma di magnitudo 7 colpisce Haiti, con un bilancio di 230 000 morti e 1,5 milioni di sfollati. 150 membri del CSA e 170 tonnellate di beni di prima necessità vengono inviati nelle zone colpite. Le specialiste e gli specialisti del CSA distribuiscono kit di sopravvivenza e materiale per la costruzione di rifugi provvisori. Installano inoltre una cinquantina di pozzi per garantire a 50 000 persone l’accesso all’acqua potabile. Davanti a diverse scuole distrutte dal sisma vengono edificate tende per consentire il proseguimento delle lezioni. Un ospedale da campo completo viene trasportato in aereo dalla Svizzera ad Haiti. L’équipe medica del CSA cura più di 800 pazienti, svolge 620 interventi chirurgici e assiste un centinaio di parti.
Durante una seconda fase, l’Aiuto umanitario procede al ripristino delle infrastrutture scolastiche. La DSC è la prima organizzazione a ottenere dal Ministero dell’istruzione haitiano l’autorizzazione a costruire scuole dopo il terremoto. Tutti gli edifici vengono realizzati tenendo conto delle norme antisismiche e antiuragano per mitigare il rischio di catastrofi naturali. Nel luglio del 2010 la DSC apre a Port-au-Prince un Centro di competenza per la ricostruzione (CCR), composto da specialiste e specialisti del CSA e del settore privato.
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Il 4 agosto 2020, 2750 tonnellate di nitrato d’ammonio conservate in un magazzino esplodono nel porto di Beirut. La deflagrazione devasta intere strade nella zona circostante, danneggiando e distruggendo anche scuole e ospedali. Per un mese, 38 specialiste e specialisti del CSA partecipano alle operazioni di aiuto umanitario. In collaborazione con le autorità locali ispezionano oltre 80 edifici danneggiati per valutarne l’abitabilità. L’Aiuto umanitario invia personale medico del CSA e più di 1,5 tonnellate di materiale a sostegno dell’assistenza sanitaria nei reparti di maternità e pediatria in due ospedali della capitale. Gli architetti del CSA contribuiscono al ripristino di 19 scuole selezionate in collaborazione con il Ministero dell’istruzione libanese. In totale, la DSC stanzia 6 milioni di franchi a favore degli abitanti di Beirut.
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Il principio «build back better» viene integrato nei progetti di ricostruzione dopo il terremoto in Guatemala del 1976, una prima assoluta nell’aiuto in caso di catastrofi a livello internazionale. La Svizzera funge così da guida per altre organizzazioni che seguiranno il suo esempio. Nel quadro dei progetti di ricostruzione, le specialiste e gli specialisti del CSA formano il personale del posto che, a sua volta, trasmette le conoscenze acquisite ai futuri proprietari di case. Tutte le parti interessate vengono coinvolte attivamente nelle attività di progettazione e ricostruzione.
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Per far fronte alle conseguenze di un terremoto, dell’eruzione del vulcano Pinatubo e di un tifone nelle Filippine vengono edificati alloggi d’emergenza per oltre 500 sfollati e ricostruite 48 aule scolastiche. In questo contesto, le specialiste e gli specialisti del CSA progettano un prototipo di scuola antisismico e resistente ai venti ciclonici. Studiano inoltre il comportamento dei flussi di fango attorno al Pinatubo e forniscono al governo locale consulenze per valutare le possibilità di prendere misure geotecniche
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Nel 2011 le strade della Siria si riempiono di manifestanti nella scia della primavera araba. Le proteste vengono represse con la violenza. Ne consegue una crisi umanitaria che si estende a tutta la regione e che nell’arco di oltre un decennio toccherà almeno 12 milioni di persone. Oltre 5,5 milioni di cittadine e cittadini siriani trovano rifugio in Libano, Giordania, Turchia e Iraq. Nella stessa Siria gli sfollati interni sono più di 6 milioni. I membri del CSA prendono parte a svariate azioni dirette, ripristinando per esempio 80 scuole in Libano e Giordania per garantire la scolarizzazione di figlie e figli di profughi siriani. Collaborano inoltre con le autorità libanesi per ottimizzare la gestione delle risorse idriche nella valle della Beqaa, dove si sono stabiliti migliaia di profughi siriani. I membri del CSA sono anche a disposizione delle agenzie dell’ONU: tra il 2011 e il 2022, 55 specialiste e specialisti vengono dispiegati in Siria, Libano, Iraq, Giordania e Turchia per sostenere l’ONU in vari ambiti, come l’accesso all’acqua potabile, le strutture igienico-sanitarie e i rifugi per la protezione delle popolazioni vulnerabili.
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Il 24 febbraio 2022 le truppe russe invadono l’Ucraina. Pochi giorni dopo, l’Aiuto umanitario organizza la sua risposta all’emergenza. Oltre 70 membri del CSA vengono dispiegati in Ucraina, Polonia e Moldova nelle settimane seguenti. La DSC invia in Ucraina più di 1000 tonnellate di beni di prima necessità. Dopo aver operato temporaneamente da Leopoli, nella parte occidentale del Paese, i membri del CSA vengono integrati nell’ambasciata di Svizzera a Kyiv in seguito alla riapertura della rappresentanza nel maggio del 2022. Il CSA è attivo nella realizzazione di programmi a medio termine in collaborazione con i partner della DSC e conduce azioni dirette nell’ambito dell’accesso all’acqua, dei servizi igienico-sanitari e del ripristino di insediamenti danneggiati.
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33 volontarie e volontari dell’CSA contribuiscono a mitigare la situazione di emergenza nel Basso Zaire, dove hanno trovato rifugio diverse decine di migliaia di profughi provenienti dall’Angola. Su incarico dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), dall’aprile del 1978 alla fine del 1979 i membri del Corpo forniscono assistenza sanitaria ai profughi, distribuiscono beni di prima necessità (derrate alimentari, vestiti e farmaci) e organizzano trasporti. Questa missione suscita un’eco molto positiva nei media svizzeri, che ne parlano ampiamente.
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A seguito del conflitto in Jugoslavia, nei sette anni tra il 1991 e i primi mesi del 1998, vengono impiegati 165 membri del CSA che in un primo momento assicurano aiuti di emergenza e costruiscono alloggi per consentire a circa 30 000 persone di superare l’inverno. Nella fase di ricostruzione vengono poi realizzate infrastrutture (tra cui un centinaio di scuole per 50 000 allieve e allievi). In otto villaggi della Croazia, delle case distrutte vengono rese nuovamente abitabili e in grado di ospitare 3000 persone. Nel quadro del programma di reintegrazione per i profughi di ritorno dalla Svizzera, i membri del CSA gestiscono progetti di assistenza nelle regioni che accolgono le persone rientranti, ed effettuano lavori di costruzione per l’allestimento di spazi abitativi provvisori per chi, una volta tornato in patria, non dispone di un alloggio.
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L'11 marzo 2011 si verifica un forte maremoto nella regione di Tohoku in Giappone. Il sisma di magnitudo 9,1 provoca circa 22.000 vittime. Una squadra svizzera di ricerca e ricognizione composta da 23 specialisti e 9 cani da ricerca si reca a Sendai, una città colpita dal terremoto e dallo tsunami. Il team riesce a localizzare tre vittime.
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Il 6 febbraio 2023 in Turchia e Siria si verifica un sisma di magnitudo 7,8 sulla scala Richter, seguito il giorno stesso da un secondo terremoto di magnitudo 7,5. Il bilancio della catastrofe è di oltre 50 000 morti e più di 100 000 feriti. I membri della Catena svizzera di salvataggio che si recano in Turchia sono 87. Le operazioni di soccorso si svolgono nella provincia di Hatay, dove la Catena svizzera di salvataggio salva la vita a 11 persone, tra cui due neonati. In un secondo momento, oltre una trentina di membri del CSA svolge interventi di tipo umanitario, distribuendo tende e beni di prima necessità, come kit per l’igiene personale. Vengono allestite installazioni sanitarie per gli sfollati. Le specialiste e gli specialisti in medicina del CSA forniscono inoltre sostegno a un ospedale ad Antiochia (capoluogo della provincia di Hatay) e, in collaborazione con il personale ospedaliero, curano quasi 400 madri e bambini.
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A seguito di un terremoto in cui perdono la vita circa 2700 persone, viene prestato aiuto d’emergenza secondo le modalità e i tempi che più tardi saranno quelli della Catena svizzera di salvataggio, all’epoca non ancora istituita: vengono dispiegate due squadre chirurgiche mobili, la prima delle quali viene trasportata sul posto dalla Rega. I membri del CSA allestiscono e gestiscono un piccolo ospedale da campo, creano un collegamento radio con la Svizzera e rendono operativi tre impianti di depurazione dell’acqua. Successivamente si reca sul posto un’équipe medica di pediatria. Durante la fase di aiuto d’emergenza, le volontarie e i volontari impiegati sono 22. Nell’ambito della ricostruzione, sotto la guida di una squadra specializzata in ambito edile e composta da sei persone, viene costruito un liceo per 1000 studentesse e studenti.
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Nell’autunno del 1981, durante un’esercitazione combinata di due giorni, viene messa alla prova per la prima volta la collaborazione tra il CSA, l’Ufficio federale delle truppe di protezione aerea, la Guardia aerea svizzera di soccorso e la Società svizzera per cani da catastrofe. Queste quattro organizzazioni costituiscono inizialmente la Catena svizzera di salvataggio chiamata a intervenire in caso di terremoti, fornendo un aiuto d’emergenza congiunto nei quattro settori «localizzazione, salvataggio delle vittime, trasporti e prima assistenza».
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A partire dal 1978 i membri del CSA sono messi a disposizione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Costruiscono alloggi di emergenza, prestano cure e si occupano di questioni logistiche in vari Paesi africani e asiatici. Nel novembre del 1981 questo bagaglio di esperienze nell’aiuto ai profughi porta alla formalizzazione di un accordo di partenariato con l’UNHCR, che definisce i dettagli delle missioni del CSA per conto di questa agenzia dell’ONU. Successivamente vengono conclusi partenariati simili con altre organizzazioni dell’ONU.
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In seguito a un terremoto nello Yemen del Nord viene impiegata per la prima volta la Catena svizzera di salvataggio, composta dall’CSA, dall’Ufficio federale delle truppe di protezione aerea, dalla Guardia aerea svizzera di soccorso e dalla Società svizzera per cani da catastrofe. L’intervento permette di salvare la vita di tre persone. Nel quadro delle attività di ricostruzione, 20 membri del CSA costruiscono e gestiscono cinque dispensari.
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capitolo 5 2003–2012

capitolo 6 2013–2023

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